Te lo ricordi? E’ stato ritornando
da una lunga camminata
quando in un campo d’erba medica
s’è all’improvviso rivelata.
Di medie dimensioni, lo scudo
bruno e giallo, tra tante tartarughe
era la più comune – non se ne avesse
a male – direi la più scontata.
Ma è stato sufficiente
che estroflettesse il capo,
azzardo necessario
ad afferrare l’erba,
perché ci intenerissimo
davanti a quella prova
di una spavalderia, per lei,
superba. Portiamocela a casa,
hai detto sorridendo.
Arricchirai il tuo parco
di un animale quieto
e malgré lui, fedele, doppio della tua casa – in casa di
testuggine stanziale. Poi l’hai
con delicatezza sollevata:
ritratta in carapace,
con le zampette tese
in cerca di un appiglio,
la nostra tartaruga non ha saputo
far di meglio che emettere un liquore
denso, biancastro e untuoso –
almeno in apparenza, seminale.
Cento, duecento metri e il liquido,
lungi dall’esaurirsi, sembrava un fontanile.