TartaRugosa ha letto e scritto di: Peter Mayle (1989), Un anno in Provenza, Traduzione di Enrica Castellani, EDT Edizioni di Torino

C’è qualcosa di magico in questa regione posta al sud della Francia. Il ricordo risale al giugno di tanti anni fa, in un periodo buio e triste fatto di dolore e sconfitta.

Visitare in quel periodo la Provenza è stata una delle esperienze più intense provate a dispetto del malessere dell’anima.

Probabilmente grazie ai colori, ai profumi, al clima secco e ventoso, alla luce intensa e calda. Una vertigine di viola di sconfinati campi di lavanda, di rosso di papaveri capolineggianti in ogni dove, di giallo di girasoli impazziti di luce, di verde di cipressi e di vigneti gonfi di grappoli ancora acerbi …

Lo stesso fascino provato davanti a tele di grandi artisti, che in Provenza hanno saputo trovare, leggere e interpretare impressioni seducenti e fascinose. Van Gogh, Picasso, Cézanne, Gauguin, Nina Simone. Nella diversità delle loro storie, il tratto comune dell’essere attraversati da un luogo che parla ai geni creativi un linguaggio tutto suo.

E in questo tempo di ppimavera è bello rivisitare la campagna provenzale, oltre che con la memoria, con il diario di una simpatica coppia inglese che decide di trasferirsi in questo angolo di mondo, narrando avventure e disavventure capitate durante il loro insediamento.

Dalle pagine emergono tutti i tratti forti di caratteri e temperamenti che hanno dovuto adattarsi – e la natura a loro – alle intemperanze della campagna battuta dal vento, al rapido cambio delle temperature, al sole e al clima secco del periodo estivo.

Provenza … tutto qui è talmente sanguigno! Le temperature vanno da oltre trenta gradi a venti sotto zero, raggiungendo perciò massimi livelli opposti. La pioggia, quando arriva, cade con tale violenza da far sprofondare le strade e chiudere le autostrade. Il Mistral è un vento brutale ed estenuante, terribile d’inverno, aspro e secco l’estate. Il cibo è violento e le erbe profumate sono in grado di provocare un’indigestione in persone abituate a una dieta più tranquilla. Il vino giovane inganna, perché invita a bere, ma spesso ha una gradazione alcolica più forte di quello vecchio, al quale ci si avvicina con maggior cautela.”

C’è poi da aggiungere la condivisione di un’esperienza analoga alla mia: il cittadino che si improvvisa campagnolo e la scoperta della genuinità della comunità locale. Tante righe mi suscitano il sorriso perché le vicende descritte molto assomigliano alle mie, impegnata in estate a rispondere alle più disparate esigenze della vecchia casa che mi ospita e a riscoprire il valore di un gesto, di una parola, di uno sguardo, da chi, diversamente da te, sa come affrontare incidenti di casa e di campo con maggior avvedutezza e spirito di iniziativa.

Il vicinato … assume in campagna un’importanza che non ha in città. … In campagna, lontani dalla casa più prossima magari mezzo chilometro, i vostri vicini fanno parte della vostra vita e voi della loro. Se vi capita di essere stranieri con un tocco di esotismo, siete osservati con più interesse del solito. Se poi, per di più avete occupato un podere agricolo di vecchia data, vi renderete subito conto che i vostri atteggiamenti e le vostre decisioni hanno una precisa ripercussione sul benessere di un’altra famiglia”.

Quando due uomini si ritrovano, il meno che fanno è darsi una stretta di mano; ma se hanno le mani occupate, vi tenderanno almeno il mignolo da afferrare e, se sono sporche o bagnate, vi offriranno l’avambraccio o il gomito. … Ma un’amicizia più stretta richiede maggiori dimostrazioni d’affetto. … si afferravano per le spalle, si davano manate sulla schiena, pugni sulle reni, pizzicotti alle guance. Quando un Provenzale è proprio contento di vederti, non è raro il caso che tu esca dalle sue grinfie con qualche graffio, anche se di poco conto. … Terminati i primi convenevoli, può iniziare la conversazione. Si posano le sporte per la spesa o i pacchetti, si legano i cani alla gamba del tavolo, si appoggiano le bici o gli attrezzi al muro più vicino: tutte cose necessarie, perché, per ogni seria e soddisfacente chiacchierata, le due mani devono essere pronte a fornire una sottolineatura visibile, a concludere opinioni non ben definite, a rafforzare il discorso o semplicemente a ornare un discorso che, col semplice moto delle labbra, per i Provenzali non è sufficientemente corposo”.

La dimensione del tempo, in campagna, è diversa da quella di città. Non che la vita sia meno faticosa, tutt’altro. E’ proprio una questione di ritmo: salvo rare eccezioni, nulla è così urgente da non poter attendere il suo giusto momento. Il rapporto con l’artigiano, qualsiasi sia la sua specializzazione, è ciò che meglio rappresenta questo concetto:

Avevamo capito che il tempo, in Provenza, è molto elastico, anche se esattamente definito: un petit quart d’heure significa primo o poi nella giornata; demain, primo o poi nella settimana; il lasso di tempo più elastico di tutti era une quinzaine, che può voler dire tre settimane, due mesi o anche l’anno prossimo, ma mai, in nessun modo, quindici giorni”.

Il contatto con la natura, il desiderio di un rapporto più prossimo al paesaggio, la riscoperta di sapori naturali, innesca anche nuove dinamiche con chi ti sta attorno in città e con il quale hai voglia di apprezzare la gioia campestre, salvo affollamenti non previsti …

“… i Londinesi cominciarono a far progetti per le ferie ed era strano come tanti di tali progetti comprendessero la Provenza… Con crescente regolarità cominciò a squillare il telefono … Prima di tutto ci chiedevano se rimanevamo a casa per Pasqua, o nel mese di maggio, o per il periodo che andava bene per loro.. … Era difficile sentirsi lusingati da tale improvviso entusiasmo al pensiero di vederci , da noi ignorato finché eravamo in Inghilterra … Raccontavamo ad altri venuti ad abitare in Provenza che eravamo minacciati di invasione: tutti erano passati attraverso la stessa esperienza. Dopo si impara a dir di no.

Il maggior problema, quando ce ne rendemmo conto, dipendeva dal fatto che i nostri ospiti erano in vacanza, e noi no. Ci alzavamo alle sette, mentre loro stavano a letto fino alle dieci o alle undici, terminando a volte la colazione giusto in tempo per fare una nuotatina prima di pranzo. Noi lavoravamo mentre loro prendevano il sole. Ristorati da un pisolino pomeridiano, emergevano la sera, dandosi alla vita sociale, mentre noi ci addormentavamo sull’insalata. Mia moglie, che aveva un istinto innato per l’ospitalità e temeva che gli ospiti non mangiassero a sufficienza, passava ore in cucina, e a tarda notte ancora eravamo occupati a lavare piatti”.

D’estate forse non ci si bada più di tanto, ma nelle incursioni invernali presso case del vicinato o spiando negli orti autunnali, si scopre che d’inverno, quando il lavoro della terra è meno assillante, molta attenzione viene dedicata al cibo

La cucina invernale, in Provenza, è fatta di specialità contadine, preparate per penetrarvi nelle ossa, per darvi calorie e forza, e spedirvi a letto a pancia piena. Non è un cibo elegante, al modo in cui lo sono le vivande artisticamente presentate nei ristoranti … ma non c’è niente di meglio, in una notte gelida, quando il Mistral vi assale a rasoiate. …Una, anzi tre, pizze fatte in casa … tre paté: di coniglio, di cinghiale e di tordo … una terrine di proporzioni gigantesche a base di maiale e marc … saucissons costellati di grani di pepe, cipolline dolci in salsa di pomodoro fresco … fettine di magret … interi tronchi, intere zampe coperti di un sugo di santoreggia, con un contorno di funghi selvatici. … e poi l’insalata verde con dadini di pane fritto in aglio e olio di oliva .. dolce di pasta di mandorle e panna”.

Celebrare con la buona tavola, in fondo, è il modo migliore per fare bilanci con la fatica di piegare la terra ai tuoi voleri, poiché non c’è momento in cui ci si possa davvero rilassare di fronte alle proprie opere di coltivatori: “In ognuno dei mesi precedenti aveva espresso la stessa minacciosa osservazione a proposito del tempo, con tono rassegnato e lamentoso dei contadini di tutto il mondo, quando vi parlano del duro lavoro richiesto per ricavare il sostentamento dalle fatiche dei campi. Le condizioni non sono mai favorevoli: pioggia, vento, sole, erbacce, parassiti, governo, c’è sempre qualcosa che non va, ed essi mostrano un perverso piacere nel loro pessimismo”.

Il tempo della nuova vita, per la coppia inglese, ridefinisce la percezione e la durata delle stagioni: “No, non ci annoiavamo, non ne avevamo il tempo. Ogni giorno trovavamo qualcosa d’interessante e divertente nella vita da contadini; inoltre ci divertivamo ai graduali cambiamenti della casa, per adattarla al nostro modo di vivere. C’era da progettare il giardino e decidere che cosa piantarvi. C’era il campo delle boules da costruire, da impratichirsi con la nuova lingua, da scoprire paesi, vigne e mercati … I giorni correvano già abbastanza veloci così, senza altre distrazioni, e ce n’erano tante di queste”.

Insomma, tanti e divertenti sono gli aneddoti e le descrizioni che si rincorrono nel testo. Una lettura che allieta in forma leggera un pomeriggio di languido ozio, in cui il libro che tieni in mano può ripiegarsi sul petto in attesa che gli occhi si riaprino e riprendano la lettura interrotta.

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