le TARTARUGHE Era, Olimpia, Eos, Minerva, Demetra nel loro nuovo “paradiso terrestre”. Grazie a: Cl., Gb., Os, 16 maggio 2022

LUOGHI del LARIO e oltre ...

Era (versione greca di giunone) è quella che si è vista di più e subito adocchiata anche dal vecchissimo e marpione giove. Molto interessata all’erba nuova, ha mangiato tarassaco e fiori di trifoglio contenta.

Olimpia (quella immediatamente più piccola di Era) sembra pure lei avere gradito. La piccolina mi ha lasciato qualche dubbio sul sesso, perchè prendendola in mano la piattaforma non appoggia completamente sul palmo della mano, sembra leggermente concavo, ma forse è ancora troppo piccola per capire. Comunque avevo già pensato al nome di apollo nel caso di un maschio, ma nel dubbio l’ho chiamata Eos (aurora), che mi pare il più adatto a un sesso non ben definito.

Sopra ci sono invece Minerva e Demetra che hanno subito adottato un belcumulone di terra ancora leggermente umido per la pioggia dell’altro ieri. Praticamente sono riuscita a vedere solo minerva perchè sia il maschio già lì, sia demetra…

View original post 10 altre parole

Casa di Tartaruga

tratto da: Il libro delle case, di Andrea Bajani

Casa di Tartaruga

Lo spazio non è molto,ma l’impressione non è di un luogo angusto. E’ concepito per un unico inquilino, una sorta di monolocale con lo stretto indispensabile.

L’entrata è una sola, sul davanti.

Da lì Tartaruga guarda il mondo; da lì, si ritira.

Sulla parte posteriore ci sono due finestre sempre aperte, da cui entra luce ed escono le zampe. Altre due aperture sulle pareti laterali e una più modesta in fondo per la coda.

Il soffitto è a volta, imponente, pur nelle dimensioni ridotte della casa. Le aperture – anteriore, posteriore e laterali – proiettano sulla volta tutto quello a cui Tartaruga passa accanto. Il mondo è ciò che viene proiettato sul soffitto. Se Tartaruga si muove, la proiezione cambia: la volta si fa schermo,la casa è un cinema ambulante.

Il pavimento, così come tutte le altre pareti, è in materiale osseo. Le piastrelle sono una decina, anche se sembrerebbe un’unica gettata.

E’ austero, ma non freddo, elegante con imperfezioni.

Su quel pavimento, più che camminarci, Tartaruga sta sdraiata. Il suolo che calpesta è quello fuori, su cui lascia le sue impronte.

In generale l’interno è sobrio. L’acustica è quella di una grotta: il rumore del mondo ci resta intrappolato, entra dalle finestre e poi comincia a propagarsi. Si spegne poco a poco, sfiatato fuori lentamente.

Da dentro la casa, i tuoni sono boati la cui eco dura a lungo. La pioggia trasforma l’appartamento in un inferno. Ogni goccia è un rullo di tamburi.

Vista da fuori la casa di Tartaruga è una casa indipendente. Ha un unico piano; niente inquilini sopra e sotto, nessuna interferenza. E’ senza fondamenta, è appoggiata al suolo.

Il tetto è composto di sessanta tegole intarsiate e di colore scuro.

Il bagno è esterno.

La casa di Tartaruga è anche la sua tomba.

Se la trascina dietro a ogni passo, la abita da viva.

Non dovrà spostarsi quando morirà.