“Oggi 24 aprile registro il decesso di Miciù … mi piace comunque pensare di guardare alla cosa dal punto di vista della nostra incredibile gatta…”

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Scrivevo sull’agenda il 20 febbraio 2020 : “Probabile ultima flebo di Miciù prima
dell’eutanasia”. Il giorno 22 riporto “Il Coronavirus arriva in Lombardia” e il 24
“Miciù ancora in vita: ha ripreso a mangiare!”.
Qualche giorno dopo scrivevo questo post per Tartarugosa:

https://tartarugosa.com/2020/03/02/tartarugosa-riflette-su-marc-auge-il-tempo-
senza-eta-2014-raffaello-cortina-e-miciu-1997-si-tengono-assieme/

e una ventina di giorni dopo questo:

https://tartarugosa.com/2020/03/23/corvus-2020-lintervista-senza-precedenti-di-
tartarugosa-ai-tempi-del-covid-19-23-marzo-2020/

Oggi 24 aprile registro il decesso di Miciù, ma analogamente al post di Corvus, mi
piace comunque pensare di guardare alla cosa dal punto di vista della nostra
incredibile gatta. Anche la mia mente razionale, totalmente inadatta alla
spiritualità, cerca nell’animismo un possibile antidoto.
Pertanto rincorro con la fantasia il filo dei suoi pensieri da quel 20 febbraio 2020
famoso, quando, come spesso gli animali dimostrano, già percepiva quello che di
lì a poco sarebbe successo al nostro Paese e ne traeva le sue conclusioni.
Non posso lasciare questi due, dopo quasi 23 anni di convivenza, ad affrontare la
dura prova dell’isolamento senza di me”.
Si sa, anche nella malattia si possono trovare dei vantaggi secondari. E Miciù li
aveva trovati tutti.
1. Al pensionato che condivideva maggiormente il suo spazio, si era aggiunta la
disoccupata: doppia razione di coccole, doppia possibilità del ghiotto snack, un
nuovo e inedito panorama da osservare sul cambiamento degli stili di vita;
2. Scelta di una nuova postazione: non più in bagno, ma in soggiorno, finalmente
accanto sia all’uno che all’altra per la pettinatura serale, i massaggi sulla pancia e
i grattini sotto il mento;
3. Seccatura per l’iniezione sottocute a giorni alterni, ma che benessere dopo
l’idratazione senza dover ricorrere al viaggio col trasportino dal veterinario (anche
a costo di qualche punzonatura non ben riuscita al primo colpo)
Da novembre 2019, quando la speranza era di poter arrivare a fine anno, si sono
aggiunti quasi ulteriori 6 mesi portando il nuovo record di vita a 22 anni e 10 mesi.
Lunedì scorso, prima della decisione finale, un’ulteriore prova di osservazione
dopo che, finalmente per noi, il veterinario aveva riaperto, giusto in tempo per
informarci sui peggioramenti che aumentavano.
La visita e la flebo con farmaco per la nausea avevano fatto nascere qualche
piccola illusione perché, quella sera, Miciù si era gettata sul pasto facendo fuori
una scatoletta, oltre agli snack già consumati.
Sempre fingendo di essere nei suoi pensieri: “Mi voglio godere questa ultima
soddisfazione” . L’ultima cena per l’appunto perché da lì anche lei stessa si è
dovuta arrendere all’evidenza del declino veloce delle sue funzioni fisiologiche.
Sempre signorile la nostra Miciù.

Con il nuovo disturbo della perdita di riflesso di una zampa, ha tuttavia mantenuto
per tre giorni le sue abitudini, pedinandoci per la ricerca del cibo nonostante il
rifiuto di mangiarlo, chiedendo di essere presa in braccio per il tempo da lei
deciso, inquieta solo ieri, quando probabilmente il progressivo arresto delle
funzioni organiche ha iniziato a darle problemi, non facendole comunque
rinunciare il piacere di un piccolo bagno di sole sul balcone (mai fatto prima)..

Così oggi 24 aprile l’abbiamo lasciata andare, evitandole la pena di passare le
ultime ore in preda a disturbi e, conoscendola, minando il suo orgoglio di Lady.
Ritornando al suo flusso di pensieri:
Domani è il giorno della Liberazione, fra una settimana termina l’isolamento: ho
badato a voi, ora siete pronti per restare anche un po’ da soli. E poi non
dimenticate: se me ne andavo in febbraio non era ancora tempo di nuove
cucciolate. Vi ho traghettato – ammetto con reciproca soddisfazione – fino alla
primavera inoltrata, ma è giunto il tempo di lasciare spazio alla nuova
generazione. Con l’augurio che i nuovi arrivati non abbiano la mia stessa
longevità, perché considerata la vostra età, sarebbero poi loro a restare orfani!

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TartaRugosa riflette su: Marc Augè (Il tempo senza età, 2014, Raffaello Cortina) e Miciù (1997-) si tengono assieme

Ormai vecchiaia e soggettive descrizioni che grandi nomi ci regalano sono in graduale aumento, portando a conoscenza del lettore di come si arriva e si attraversa questo importante traguardo (se già non ci si è arrivati per conto proprio).

Marc Augé, antropologo e filosofo francese conosciuto soprattutto per la sua definizione di “non-luogo”, affronta il suo diventar vecchio contestualizzandolo per lo più come marchio sociale, come condizione imposta dalla sottolineatura tra età anagrafica e quella percepita. “Conosco la mia età, posso dichiararla, ma non ci credo”, sintetizza in una frase l’autore.

E il sottotitolo del libro “la vecchiaia non esiste” è ancora più lapidario, ovvero sebbene sia evidente che il corpo si logora col passare del tempo, la soggettività rimane identica e quindi, da questo punto di vista, la vecchiaia è superata dal concetto che rimanendo quello che siamo (Hillman insegna), praticamente moriamo tutti giovani.

Nelle reminiscenze raccontate da Augé, quella che mi ha fatto scattare la voglia di creare connessioni è il riferimento alla sua gatta Mounette (“ha avuto lunga vita da gatto ed è morta a circa quindici anni nell’appartamento dei miei genitori”) e alle trasformazioni da lei compiute nel corso della vita, senza però intaccare il suo carattere.

La sua indole è rimasta la stessa fino alla fine, godendo del più piccolo raggio di sole: incollata al calorifero in inverno; drizzando le orecchie al primo tubare dei piccioni in primavera; accettando i segni del nostro affetto costante con l’identica benigna indifferenza che aveva sempre fatto parte del suo fascino da quando era giovane”.

Ecco perché in questo caso Marc Augé e Miciù si tengono assieme.

Miciù, detta Lady Miciù”, ha appena compiuto 22 anni e 8 mesi. Ha avuto un ruolo molto importante nella nostra vita di TartaRugosi poiché ha segnato una svolta storica: è stato il primo animale che è entrato in appartamento per quello che si pensava un tempo predefinito dettato da una cura antibiotica (era una gattina partorita nel giardino lacustre e colpita a soli quattro mesi da rinite) e non ne è più uscita.

E’ sempre stata una gatta altezzosa con una forte padronanza del Sé (se di Sé si può parlare nel gatto) – da qui il soprannome di Lady – scorbutica con i suoi simili come si conviene a un figlio unico e viziato, affettuosa quanto basta secondo i suoi tempi, solitaria e curiosa, esploratrice quando riportata in vacanza nel giardino lacustre e temeraria fin troppo, avendola riacciuffata in più occasioni di fuga pericolosa.

Ne siamo sempre rimasti affascinati, quasi da babbei, osservandola crescere; divertendoci quando improvvisamente il rifugio sotto il divano non era più accessibile date le dimensioni aumentate con lo sviluppo; cedevoli quando i suoi perentori miagolii in piena notte eliminavano il diktat “nella stanza da letto no!”; premurosi le rarissime volte in cui qualche guaio ci costringeva a una visita dal veterinario; educativi, inutilmente, quando altri gatti sono entrati a condividere lo stesso tetto.

Come scrive Augé “E poi nel corso degli anni, impercettibilmente, le sue forze hanno incominciato a cedere”.

Da quando ha compiuto 19 anni, ho sempre pensato che fosse lei la prima a lasciarci. Invece – quasi come preveggenza del veterinario “Metterà via tutti”, – se ne sono andati prima Chat Noir e l’anno scorso Luna.

Il primo segnale di cedimento per Miciù è stata la sordità. Proprio non ci sente: da qualche anno sopraggiungere alle sue spalle la fa sempre trasalire. L’odorato però si conserva benissimo, visto che è sufficiente aprire una bustina per vederla arrivare. Ma mentre prima la sua corsa si manteneva abbastanza agile, da un paio d’anni probabilmente è intervenuta l’artrosi e ora, più che correre, si può dire caracolli, perché anche il cammino, all’alzata, è diventato incerto.

Dal maggio dell’anno scorso è peggiorata la sua insufficienza renale. Pur tuttavia anche l’estate del 2019 – i classici tre mesi – li ha trascorsi serenamente in giardino, trovando tutte le scorciatoie possibili per evitare i gradini e godendosi il sole nelle posizioni più strane per autocurarsi con l’elioterapia.

Nelle sue peripezie, tuttavia, è rimasta sempre la Lady che abbiamo conosciuto nel passato. I suoi spazi si sono mantenuti rigorosamente alla larga dagli altri quattrozampe e ha iniziato ad onorare di nuovo l’appartamento cittadino solo dopo quattro mesi dal decesso di Luna, infine convinta della sua assenza.

Anche nel caso di Miciù, sento di condividere l’assunto di Augé: il corpo parla della vecchiaia, ma la sua indole rimane quasi sovrapponibile alla sua più giovane adultità.

Ora, dallo scorso novembre, Miciù è costretta a provare l’ebbrezza dello studio veterinario: l’unica alternativa alla soppressione è infatti la flebo idratante a giorni alterni per diluire la carica batteriologica delle sue urine. Incredibilmente questi dieci minuti di terapia palliativa l’hanno ringalluzzita: dalla sua postazione fissa in bagno (ben vicina a lettiera, ciotola d’acqua e di cibo) ha iniziato le passeggiate in cucina e in soggiorno, ha ripreso a mangiare con discreto appetito, ma non riesce più a salire sulla poltrona.

Quindici giorni fa però c’è stato un ulteriore cedimento. Il suo digiuno protratto ci aveva convinto a intervenire in forma più drastica, poiché l’esperienza con Luna non voleva essere ripetuta.

Fissato l’appuntamento col veterinario per l’eutanasia dopo l’ultima idratazione – eravamo senza auto – ognuno di noi due TartaRugosi faceva i conti con la propria elaborazione del commiato. Perché anche se sono anni che ci diciamo che siamo arrivati alla fine, quando poi ci arrivi davvero non sei mai pronto.

Ma Miciù ha conservato anche la sua testardaggine, alla faccia della vetustà.

Ha ripreso a mangiare, se pur dimezzando le quantità. Sappiamo che stavolta non potranno esserci più riprese mirabolanti, ma siamo ancora affascinati dalle sue precise comunicazioni: al mattino non mangia se non iniziamo la giornata con lo sticker di ghiottoneria; alla sera, puntualmente, intorno alle venti, all’ora del telegiornale anziché accucciarsi sul tappetino vicino alla poltrona, si piazza a muso in su, fissandoti intensamente finché non la prendi in braccio.

Beninteso, la concessione è regolata dai suoi desideri: circa quindici minuti di coccole a base di baci e massaggi e poi il messaggio chiaro delle zampe anteriori sul bracciolo della poltrona. Fosse per lei si lancerebbe da sola, ma dopo aver assistito a un suo salto precario e a un trascinamento dolorante delle zampe posteriori, ora si muove verticalmente solo se accompagnata.

Gatta davvero con una soggettività sorprendente, tanto quanto Luna aveva una inaudita relazionalità.

Per Miciù non ci saranno commemorazioni particolari. Come per la sua Mamma Gatta Subdola, inavvicinabile ma onnipresente e deceduta a sedici anni nel giardino, mi limito con gioia a vederla vivere e a condividere il titolo dell’ultimo libro di Boncinelli: Essere vivi e basta.

Loving Luna

La piccola infermeria allestita in cucina non esiste più.

Le due siringhe di diversa capienza, una per i liquidi, l’altra per il cibo, sono finite nel sacco giallo della plastica.

Conosco ancora a memoria la sequenza: al mattino la siringa di apis, durante il pomeriggio e la sera le tre siringhe di brionia (tutte seguite da 3 spruzzi di argento), quattro volte al giorno massaggino sul collo con le gocce di arnica.

Nel giro di venti giorni questi provvidenziali trattamenti avevano risolto il problema più fastidioso di Luna, ovvero la terribile infiammazione in bocca che le continuava a procurare scialorrea e, probabilmente, prurito e dolore considerato lo sfregamento intermittente e lo storcimento delle labbra. Da un anno la sua stomatite non le dava requie: ogni due mesi cortisone e antibiotico diventavano sempre più inefficaci.

Paradossalmente quando la bocca è finalmente diventata rosea, qualcos’altro non è riuscito a risolversi. Il grosso “fragolone duro” sotto la base della lingua e le protuberanze palpabili sotto il mento continuavano a restare nella loro posizione, facendosi beffe delle terapie. E poiché anche negli animali la medicina funziona per esclusione, tolte le ipotesi di ascesso, cisti e granuloma, restava quella più probabile di tumore, la cui certezza sarebbe stata possibile solo con biopsia, inapplicabile a una gatta di 17 anni e, soprattutto, data la posizione, incurabile.

Fra tutti i gatti che abbiamo avuto, Luna è stata quella che ha saputo sommare nella sua personalità caratteri di felino uniti a un incredibile attaccamento più pertinente di solito ai cani.

Luna era una gatta che amava. Dopo tanti anni trascorsi all’aperto, si era fatta amica di tutti: lei chiamava davanti alle porte, saliva in braccio ai visitatori, partecipava alle tavolate.

Da otto anni viveva con noi in appartamento, gelosissima delle altre presenze feline e caparbiamente concentrata a conquistarsi il privilegio delle attenzioni.

E’ stata proprio la sua voglia di relazione a farmi piangere tutte le lacrime possibili.

A parte la somministrazione delle terapie, fatta necessariamente in due, il buongiorno tra me e lei da più di un mese prevedeva circa 45 minuti di accudimento, durante i quali accoccolata per terra per nutrirla avevamo raggiunto una intima complicità che solo i gesti della cura sanno creare.

Nel piattino sul foglio di giornale versavo il cucchiaio di cibo iperproteico e ipercalorico badando bene a formare continue torrette alte, cosicchè lei potesse affondare il musetto sulla sommità senza dover tirare fuori la lingua e girare in bocca il cibo fino a fargli trovare il possibile passaggio. Poi c’era la pausa in cui tentava vanamente di leccarsi le labbra e la punta del naso e così di buon grado accettava il mio intervento col fazzolettino imbevuto di decotto di malva, sollevando il mento per farsi pulire meglio e rassicurandomi con tale segnale che non sentiva dolore. Poi la seconda fase del cibo con le stesse modalità e, di nuovo, pulizia più approfondita di musetto e zampe. Questo rito si ripeteva alla sera.

Nell’ultima settimana evidentemente il transito diventava sempre più difficoltoso, per cui siamo passati alla siringa col cibo diluito. Quel che commuoveva noi due caregiver è che queste manovre non inducevano in lei rifiuto o paura. Certo, si sa, i gatti non sono propriamente collaboranti, ma in qualche modo Luna dava da intendere che aveva capito che questi interventi le procuravano un certo sollievo, per cui quando la tovaglietta si stendeva sul tavolo, stava lì e pur dovendola tenere per evitare che facesse movimenti impropri con la siringa in bocca, appena terminato cercava subito di venire in braccio all’una o all’altro.

Ci siamo chiesti più volte, e alcune ci eravamo anche fissati la data, se farle l’eutanasia, ma Luna dimostrava troppo voglia di vivere per tradirla in questo modo.

Tolte alcune giornate in cui lo sguardo era palesemente di sofferenza, una volta migliorata l’infiammazione Luna ha sempre fatto di tutto per trovare un accomodamento alle sue condizioni, non mutando mai l’atteggiamento nei nostri confronti e confermando il suo stile di vita, con momenti di sole sul balcone, la salita sul tavolo al momento del pranzo, l’attesa serale davanti alla tv per fare le sue coccole a Paolo e venire poi a dormire sulla mia pancia. Persino le sue venute nel letto di notte sono continuate fino al giorno prima della sua morte.

Non mi sarei mai perdonata di portarla per l’iniezione finale.

Le ore più strazianti per noi sono state quelle del martedì sera: Luna si trascinava per casa, ma ugualmente ha trovato la forza di mettersi davanti al divano in attesa che la sollevassimo per accoglierla fra le nostre braccia.

Lì abbiamo avuto la netta percezione che stava per lasciarci. Si è subito addormentata profondamente abbandonandosi totalmente sul grembo di Paolo.

Non è stata più contattabile e l’unico momento in cui ha aperto gli occhi è stato quando Paolo con delicatezza l’ha alzata perché l’aveva bagnato. Messa nella gabbietta è rimasta lì definitivamente col respiro che diventava sempre più corto.

Ora è all’ultimo piano del nostro giardino, vicino ai due peschi in fiore di Gianfranco e a pochi metri dalle spoglie di Chat Noir.

E’ rimasta Miciù con i suoi 21 anni e 9 mesi e con la sua altezzosità di Lady. Chissà, forse non ci ha mai perdonato di aver accolto nel suo regno altri due quattrozampe.

Sappiamo che quando non ci sarà più arriveranno altri pelosoni da accudire, ma dubitiamo di trovare un gatto affettuoso e amante come Luna.

Se n’è andata lasciandoci in lacrime, ma dedicandoci tutto l’amore possibile fino all’ultimo istante.

Grazie Luna.

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vedi anche

Il giorno triste. Questa notte è morta LUNA, la gatta più “relazionale” che abbiamo avuto. Aveva 17 anni. 19/20 marzo 2019