TartaRugosa ha letto e scritto di: Barbara Berckhan (2015), Piccolo manuale per persone vulnerabili, Urrà Feltrinelli, Traduzione di Cristina Malimpensa

TartaRugosa ha letto e scritto di:

Barbara Berckhan (2015)

Piccolo manuale per persone vulnerabili, Urrà Feltrinelli

Traduzione di Cristina Malimpensa

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L’autrice, tedesca, cinquasettenne come me, psicologa e pedagoga, è stata definita in Germania la “Signora della comunicazione”.

Come restare quindi insensibili al libricino apparso sulla mia scrivania che promette di costruirsi una corazza personale e non perdere la serenità?

Le tartarughe di corazze se ne intendono … ma in questo caso la metafora che personalmente considero più congeniale è quella dell’ombrello: lo porti con te, non è detto che ti serva, ma se inizia a piovere lo apri e ti ripara.

Un’ottantina di pagine piacevolissime, veloci da leggere e al tempo stesso infinite, se ti proponi di seguire meticolosamente gli esercizi che vengono proposti per fabbricare una corazza sempre disponibile.

Alcune parole-chiave importanti: “Critico interiore”, “Lagnoso interiore”, “Setaccio”, “Distacco”, “Taglio”.

Le istruzioni per preparare la corazza (non obbligatoria, ma da tenere pronta all’uso se ci si sente sull’orlo di un attacco o se se ne è già in balia) prendono il via dall’utilizzo del setaccio che, come noto, è l’utensile che separa ciò che deve essere trattenuto da ciò che invece è pura zavorra.

Partendo dal presupposto che ogni individuo si imbatte in eventi gradevoli (di cui gioisce) e in altri che tali non possono essere definiti (di cui soffre), lo strumento del setaccio e la sua applicazione diventano passi indispensabili per filtrare “quanto per voi utile e positivo e non quanto vi disturba e infastidisce”.

La formula vincente è: “Lasciate andare quello che non volete. Non cedetegli tutte le vostre energie”.

Siccome l’azione non è meramente meccanica e, purtroppo, quando ci si sente stressati è piuttosto complesso saper scindere le proprie emozioni, la domanda che arriva in soccorso è: “Qual è l’aspetto positivo di questa situazione?”. Attenzione. Non vale la risposta “Nessuno”.

Infatti obbligarsi a dirigere la propria attenzione sulla ricerca della positività, innesca un processo cognitivo di focalizzazione sull’aspetto problematico che approda a una scoperta interessante, ovvero che la negatività non coincide mai con il 100%.

Inoltre, e questo è l’aspetto rilevante, anche la positività più minuscola si potenzia, quando viene valorizzata o, come dice l’autrice: “Chiedendovi quale sia l’aspetto positivo di quel contesto vi farà acquistare maggior stabilità. Vi concentrate più su quanto vi dà forza che su quanto ve la sottrae”.

Ma c’è un altro passaggio su cui soffermare la propria riflessione quando si attraversa uno stato di crisi: imparare a identificare quella malefica copia tuttofare che alberga nella nostra psiche e che non perde occasione per destabilizzarci e gettarci nel malumore.

Si tratta dei già citati “Critico interiore” e “Lagnoso interiore”

Il critico interiore emette giudizi negativi su di noi. Si tratta di commenti con i quali ci facciamo del male, ci insultiamo o ci svalutiamo. Se prendiamo sul serio tali pensieri, feriamo noi stessi e, di conseguenza, ci sentiamo a terra. … Dopo che il critico interiore ha emesso il suo giudizio, la nostra autostima non esiste più.

Funziona così: più forte è il critico interiore, più debole è la fiducia in noi stessi.”

La strategia di difesa non è così complicata. Una volta stanato il critico interiore, bisogna farlo uscire allo scoperto per scoprire i propri punti deboli. Ecco le domande che segnalano dove manca la corazza:

  • il mio critico interiore ha determinati argomenti su cui mi pungola?

  • quali rimproveri mi costringe a sentire di continuo?

  • che cosa continua a ripetermi?

  • che cosa trova di sbagliato in me da anni?

Poiché le risposte sono relative a pensieri che auto formuliamo, dobbiamo sempre ricordare che nessuno, dall’esterno, ci può rendere stabile o instabile. Solo IO sono in grado di farlo.

Il distacco è il deterrente migliore: “Smettete di dar credito a quanto vi suggerisce il critico interiore e questo sarà già un enorme passo verso una maggiore stabilità interiore. … Nessuno vi costringe a prestare fede al vostro critico interiore. E’ solo una voce critica nella vostra mente, e forse non dice la verità su di voi. Siete molto meglio di quanto lui sostenga.

Lasciate cadere i commenti del critico interiore. Pensate ad altro. Rivolgete l’attenzione a qualcosa di piacevole, a qualcosa di bello che state vedendo o ascoltando. E se, nonostante tutto, il critico torna a farsi sentire – e lo farà – ricominciate da capo. In questo modo vi costruirete una corazza nei suoi confronti”.

E per quanto riguarda il lagnoso interiore? Senza dubbio è un ottimo collega del critico, in quanto adora la sua collaborazione e il lavoro di squadra.

Così come il Critico è abilissimo a denigrarci, il Lagnoso è insuperabile nel criticare e condannare tutto e tutti: “Ovunque rivolga lo sguardo, il lagnoso interiore trova tutto scadente, corrotto, terribile, idiota o fatiscente”.

Anche in questo caso è bene ricordare che “più il vostro lagnoso interiore ha la possibilità di agire indisturbato, più vi sentite stressati e instabili”. Ed è anche subdolo, in quanto dandovi la possibilità di dare addosso agli altri, cerca di farvi sentire al di sopra di essi. Ma questo leggero senso di superiorità è una gioia effimera, in quanto è difficile vivere eternamente insoddisfatti.

Lamentarsi e non muovere un passo non serve proprio a nulla. “Se intendete cambiare davvero qualcosa nella vostra vita, prendete distanza dal vostro lagnoso interiore. In altre parola: smettete di inveire e cambiate quello che potete cambiare. In alternativa, cominciate ad accettarvi per quello che siete”.

Anche in questo caso i suggerimenti per domare il lagnoso sono di supporto per trovare un equilibrio interiore:

  • avere fiducia perché non esiste problema che non abbia una soluzione

  • rilassarsi, evento raggiungibile solo dopo aver preso coscienza dei propri limiti e accettato le cose per quello che sono

  • saper attendere ed esercitare l’arte della pazienza, perché non sempre i cambiamenti possono essere rapidi

  • cercare ciò che piace in qualsiasi situazione si stia vivendo

A conclusione del suo scritto, l’autrice propone una sorta di vademecum su cui basare la ricerca della propria stabilità:

semplificare: imparare a dire di no, saper distinguere le cose importanti da quelle insignificanti, saper operare scelte

un passo dopo l’altro: non farsi mai sopraffare dagli eventi

ridimensionare le aspettative: fare ciò che è possibile e cambiare quello che può essere cambiato

vivere liberamente le emozioni: “Nessuna emozione vuole rimanere per sempre. Tutte desiderano una sola cosa: scorrere. Le emozioni si modificano appena hanno modo di scorrere al nostro interno”

tenersi al di fuori: non immischiarsi in questioni che non ci riguardano e se invece ci intromettiamo offrire di meno, anziché dare subito troppo, sapendo mantenere le debite distanze

non è poi così grave: saper contenere l’agitazione e non fare mai degli eventi una questione di vita o di morte

mantenersi flessibili: mai considerare il proprio punto di vista un dogma. L’irremovibilità causa dolore e la vita è una scatola enorme piena di sorprese che richiede continui adattamenti.

Il termine corazza pertanto è da considerarsi un obiettivo per vivere la vita quotidiana in modo positivo sia come benessere personale, sia come felice integrazione con il mondo circostante. Un compito possibile, se a volerlo siamo noi stessi.

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