TARTARUGHE, di Anna Bergna

TARTARUGA

Spinge la testa, la inclina di lato.

Le solletico la pelle del collo dov’è più sottile:

non ha altra compagnia,

mi pare indispensabile toccarla.

Penso alla saldatura dentro la corazza.

Legata disarmata

nell’abitacolo di un carro armato.

Ci rifletto stretta sul divano

sotto una coperta che potrei alzare.

Lei si affaccia, stende le zampe,

dietro sporge la coda,

ma dentro non può invitare alcuno:

condannata ad abitare sola la sua casa.

 

TARTARUGA 2

Pare l’evoluzione

abbia lavorato alla corazza

stretta in una cappa di paura.

L’accoppiamento

senza una pancia morbida,

io non capisco come si possa fare.

Senza carezze, come?

 

TARTARUGA 3

Mi cammina tra i piedi,

ma abitiamo lo stesso giardino?

Nell’angolo dove le foglie si sciolgono

ho sepolto il suo vecchio coinquilino:

un coniglio.

Ha un significato per lei?

Sa che la terra e un cimitero?

Vede lampeggiare la freccia?

 

Un mondo leggero il suo,

se e solo crosta di presente.

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