TartaRugosa ha letto e scritto di: Francesco Piccolo (2010) MOMENTI DI TRASCURABILE FELICITA’, Einaudi (con il trailer del film del 2019 diretto da Daniele Luchetti con protagonista Pif)

TartaRugosa ha letto e scritto di:  Francesco Piccolo (2010)

MOMENTI DI TRASCURABILE FELICITA’,  Einaudi

TartaRugosa ha letto e scritto di:  Francesco Piccolo (2010)

MOMENTI DI TRASCURABILE FELICITA’,  Einaudi

 

E’ impossibile negarlo: ci sono momenti della vita in cui hai bisogno di dare sfogo a piccole, intime debolezze di solito tenute sotto controllo per via delle convenzioni sociali. Oppure solo per sorridere sui difettucci nascosti che gli altri nemmeno immaginano di te.

Niente di eccezionale, ben inteso: modeste maniacalità, infinitesimali vizietti, imperfezioni mascherate dalla patina del perbenismo.

Permettere loro di far capolino dà come risultato un senso di appagamento, di apprezzabile soddisfazione. Poco importa se talvolta originano un giudizio morale del tutto individualistico: in fondo non si è causato grave danno a nessuno.

Che diamine, nel rapporto con se stessi si può essere generosi e concedersi qualche sporadica deviazione.

Più incredibile riscontrare come questo fenomeno sia diffuso. Non rispetto alla presenza delle suddette debolezze, ma proprio relativamente ai contenuti e agli atteggiamenti delle stesse.

Nel libro di Piccolo ne ho selezionate alcune e mi sono divertita ad annotare, autobiograficamente,  la mia esperienza personale.

Francesco Piccolo:

vedo l’annuncio di un film che aspettavo. C’è scritto: “da venerdì”. Chiudo il giornale sapendo che da venerdì … non so ancora, dove, quando. Ma ci andrò. … Settimana dopo settimana vedo le sale che cambiano, che si riducono; e so che il prossimo giovedì tremerò perché da domani forse non c’è più, il film. … E poi lo lascio andare via, quel film che volevo assolutamente vedere; non potevo perdermelo e me lo perdo, e da domani dirò che me lo sono perso, che mi dispiace.

TartaRugosa:

Annunciano il trailer della prossima uscita di un film il cui regista mi sta a molto cuore. Subito mi allerto, già pregustando il piacere della nuova opera. Naturalmente comunico a TartaRugoso l’evento e, naturalmente, anche lui condivide l’attesa con lo stesso entusiasmo. Nella nostra città sono a poco poco scomparse le sale cinematografiche che ci permettevano una piacevole passeggiata a piedi per poterle raggiungere e, all’uscita, durante il ritorno, scambiarsi commenti e impressioni. E’ rimasto un cinema in periferia e un multisale in un paese limitrofo. Lì esce il film. Entrambi ne gioiamo e ci confermiamo che una delle prossime sere ci andremo, senza ombra di dubbio. Poi una sera uno dei due rincasa troppo tardi, oppure la dannata televisione presenta un programma di attualità cui come si fa a rinunciare, dato i tempi che corriamo? Oppure piove. Oppure fa freddo. Oppure fa caldo. Oppure c’è del lavoro da sbrigare perché ci si è ridotti all’ultimo minuto. I giorni passano. L’entusiasmo scema. Uno dei due dice: Magari lo daranno in TV. L’altro risponde che forse sì, forse addirittura sarà reso disponibile su e-Mule. Entrambi però concordano che bisogna segnarselo da qualche parte, se no va a finire che ce lo si dimentica.

Francesco Piccolo

In treno… mi piace tanto trovare qualcuno che si è seduto al mio posto, sperando che io non arrivi. Lo so che ha guardato l’orologio un sacco di volte, lo so che ogni volta che si avvicinava qualcuno temeva che fosse colui che reclamava il suo posto; lo so che ogni volta ha tirato un sospiro pieno di speranza. E lo so che ora, un paio di minuti prima della partenza, crede di avercela fatta. In quel momento, arrivo io.

TartaRugosa

Adoro i treni, anche se negli ultimi anni ho viaggiato con minor frequenza rispetto al passato. Nel frattempo sono successe delle cose alle Ferrovie Italiane. Per esempio hanno abolito quasi tutti i treni intercity sostituendoli con Frecce varie, che ti garantiscono un arrivo in tempi supersonici a scapito di un prezzo che quasi quasi conviene di più l’aereo (che io aborro). Sulle Frecce è d’obbligo la prenotazione. Accade tuttavia che mentre ti trascini negli angusti spazi dei “siluri”, cercando di capire qual è la tua poltrona, una volta identificatola la trovi occupata. Allora guardi il biglietto in mano, per verificare se il numero segnato è effettivamente quello del corridoio (o del finestrino) e inizi una serie di sguardi per segnalare all’occupante che quello è il “tuo” posto. Se ti va bene, l’altro, sbuffando, si alza, incomincia a trafficare sbattendo contro il tavolino, smontando il computer che già aveva installato, recuperando la borsa, la valigia, i vari capi d’abbigliamento e se ne va alla ricerca del posto giusto. Se ti va  male, inizia una trattativa con l’occupante, il quale ti invita a considerare l’ipotesi che sia tu ad occupare il suo posto, per via che a lui o chi lo accompagna non piace andare contromarcia, oppure al bambino piace stare vicino al finestrino, oppure perché non si era accorto dell’errore, ma adesso come si fa con tutta quella gente? In genere impreco silenziosamente e vado alla ricerca del posto in questo caso sbagliato, preparandomi la giustificazione da eventualmente fornire al controllore.

Francesco Piccolo

Il giorno in cui sta per scattare l’ora legale, o solare. … Perché c’è sempre qualcuno, che pure quando gli hai fatto dei disegnini sulla carta, non è convinto, e dice che secondo lui è il contrario: cioè che dormiremo un’ora in più, e non un’ora in meno come dite tutti (o un’ora in meno e non in più). …Quando sbadigli, o dici di aver fame, o sonno, c’è sempre qualcuno che ti ricorda che è logico, perché sono le dieci, ma è come se fossero le undici; sono le due, ma è come se fosse l’una.

TartaRugosa

Sono incredibilmente dipendente dall’ora legale, perché il suo declinare avvicina le tenebre e questo mi causa un leggero turbamento. Questo fatto (la dipendenza) mi mette in una posizione di forza nelle discussioni. Dopo aver allenato il mio cervello a memorizzare che solare è l’orario naturale, mentre legale è quello artificiale, non temo più nessuno. Perché puntualmente anche nei miei dintorni avvengono dibattiti dello stesso tipo sopra riportati: “no, se diventa più buio è perché porti l’orologio avanti, non indietro”. In una sola cosa cedo all’ovvietà: a mezzogiorno guardo TartaRugoso e dico “Beh, inizio ad apparecchiare. In fondo sarebbe l’una”.

Francesco Piccolo

La soddisfazione di infilare il braccio in fondo al frigorifero del bar o del supermercato e tirare fuori la bottiglia di latte con la scadenza più lontana, che qualcuno ha volontariamente coperto per farmi comprare la bottiglia con la scadenza più vicina.

TartaRugosa

Sottoscrivo parola per parola.

Francesco Piccolo

Quando si comprano le caramelle alla frutta, si scelgono prima quelle che piacciono di più, e alla fine rimangono sempre quelle arancioni e quelle gialle: all’arancia e al limone. Che non mi piacciono e non piacciono quasi a nessuno, per questo rimangono. Però, a quel punto, in assenza delle altre, uno comincia a mangiare pure quelle. E, in assenza delle altre, sono buone.

TartaRugosa

Aggiungo una vena sadica. Il momento della caramella coincide con l’orario che si dedica alla visione TV. E’ abbastanza raro che il vaso dei bonbon contenga quelli alla frutta, però sporadicamente può succedere che i famigerati spicchi arancione o gialli si mescolino a qualche altra leccornia (magari fanno parte integrante di quelle scatole assortite che ricevi come regalo o che vinci in qualche pesca di beneficenza). Sì, lo confesso. Sapendo che TartaRugoso agisce su imitazione e quindi dirà. “E a me no?”, scelgo apposta il fatidico spicchio (di cui il tempo ha reso la carta appiccicosa e difficile da scartare), aspettando con soddisfazione il solito rimbrotto “A me sempre le più schifose”, a cui subito replico “Sono le ultime”.

Francesco Piccolo
Chiudermi a chiave nei bagni delle case dove non sono mai stato e mettermi a curiosare su tutti i prodotti che usano.

TartaRugosa

Non credo sia solo un problema di curiosità. Il bagno per me è un locale mitico: è la prima cosa che vado a controllare in un albergo e di solito il mio giudizio ruota tutto intorno a questo locale e a ciò che mette a disposizione. Se è un tre stelle e fornisce solo le bustine di shampoo e le saponette mi indispettisco. Mi aspetto infatti che ci sia anche la salvietta pulisciscarpe, la cuffietta per la doccia, magari anche la crema per il corpo. Tutti oggetti che infilo nel beauty-case e mi porto a casa, dove li farò invecchiare in un cestino di paglia intrecciato acquistato dieci anni fa ad Alghero.

Se invece frequento il bagno di casa di amici mi piace vedere sui ripiani i prodotti esposti. Avendo il tempo confesso che aprirei boccette e boccettine, come facevo da piccola a casa di mia zia, quando esploravo nelle antine a specchio del mobiletto sopra il lavandino per controllare i colori degli smalti e rubare un po’ di crema Cera di Cupra. Se andava bene, mettevo anche un po’ di fondotinta e annusavo il rossetto.

Francesco Piccolo

Quando va via la luce, e poi torna, tutti gli orologi digitali della casa lampeggiano e segnalano zero punto zero (00:00).

TartaRugosa

In città è abbastanza difficile che ciò accada, mentre nella vecchia casa di campagna è un fenomeno molto più frequente di quanto ci si possa aspettare. E’  sufficiente l’arrivo di un temporale, o chissà quale tipo di accidente (c’è chi nel paese parla di momenti di sovraccarico) per far scattare il salvavita e piombare nei tempi della preistoria. Se effettivamente è in corso un temporale (chissà perché è sempre notte fonda), tengo la pila sul comodino e ogni manciata di minuti, mi alzo perché vedo sparire lo 00:00 e devo quindi riattivare il contatore. TartaRugoso nervosamente reclama e mi invita a lasciare tutto nel buio, che prima o poi il temporale  passerà. Ed io inevitabilmente rispondo che c’è la carne nel freezer.

Francesco Piccolo

Quando sfogli le riviste senza fermarti perché non c’è nemmeno un articolo interessante, e poi le metti subito tra la carta da buttare.

TartaRugosa

E’ mia consuetudine conservare alcuni settimanali (L’Espresso) e il fumetto mensile Julia per il viaggio in treno verso il capoluogo. Un’ora all’andata più un’ora al ritorno sono di solito bastevoli ad esaurire le scorte, poiché spesso i rotocalchi, tra la pubblicità e articoli poco avvincenti, si sfogliano abbastanza rapidamente. Ma capita che invece si concentrino una serie di scritti che allungano il tempo della lettura. E allora, durante le ultime due fermate prima dell’arrivo, la velocità dello scartabello aumenta perché alla stazione ci si deve alleggerire del peso della carta. Se proprio proprio non ce la faccio, me ne rammarico, perché devo riportare il settimanale a casa.

Francesco Piccolo

Aspetto quelli che escono dai camerini e mostrano agli accompagnatori e alla commessa come gli sta il vestito che stanno provando.  Si girano, si mettono di lato. Chiedono:”che dici?” … E poi, tutte le frasi che dice la commessa per essere convincente; soprattutto quando, di fronte a un vestito più grande di quattro taglie, dice con naturalezza: “basta che lo lava una volta e si restringe”.

TartaRugosa

Ahimé, sono una di quelle. I camerini di solito hanno una luce al neon abbagliante che come prima cosa mette in risalto le borse sotto gli occhi e le rughe e già predispone male al resto. Poi, almeno questo è quello che succede a me, ti trovi lì per qualche casualità (un capo che hai visto in vetrina, i saldi di fine stagione interessanti), vestita da tutti i giorni e con una serie di cose a carico, tipo la cartelletta di lavoro, la borsetta, il sacchetto della spesa, l’ombrello. Già metà del camerino viene ingombrato da questo, in più ci si aggiunge il fatto che quasi sempre c’è un unico attaccapanni dove appoggi il capo che hai scelto. Il resto lo accumuli per terra. Se è d’inverno, è improbabile che tu abbia indosso calze o scarpe adeguate all’indumento scelto, quindi il risultato è sempre abbastanza sconfortante. Di fuori la commessa incalza Come va? E tu vergognosamente tiri la tendina e inizi a giustificarti “Ecco, forse visto con queste calze, o con questo maglione … non rende” . E la commessa si affretta a portarti qualche altro capo più adeguato da abbinare, nella speranza di aumentare il numero degli acquisti. Tu fai le smorfie, lo appoggi al corpo, imprechi per le mille imperfezioni che lo specchio ti rimanda, pensi che so a Claudia Schiffer e ti dici che schifo che fai. Ma la commessa insiste: “E’ fatto proprio per lei”, anche se tu vedi che ti balla in vita o che le maniche sono troppo corte. Perché in questo caso è quasi matematico che la commessa ti dica: “Dopo qualche lavaggio un po’ cede”

Se poi parliamo di scarpe, le cose non funzionano meglio. Ho il piede lungo e largo e talvolta necessito del mezzo numero in più, che è veramente eccezionale da trovare. E allora il solerte commesso incomincia a premere la punta della calzatura e con aria convinta e speranzosa ti fa notare “Vede che c’è spazio?”, se però tu rispondi che è un problema non di lunghezza, ma di larghezza, a questo punto respira sollevato e ti rassicura “Non si preoccupi, dopo un po’ che le mette si allargano”. In questo modo ho buttato via in gioventù un certo numero di scarpe, perché non osavo dire di no.


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