TartaRugosa ha letto e scritto di:
Francesco Piccolo (2015)
MOMENTI DI TRASCURABILE INFELICITA’
Einaudi
A pagina 75 Piccolo scrive questo momento di trascurabile infelicità:
Tutte le volte che mi diranno: era meglio “Momenti di trascurabile felicità”
Già. Piccolo ha prodotto la versione complementare del suo precedente libro. Non saprei da che parte schierarmi. Quella volta mi ero divertita a riconoscere quanti momenti simili fanno parte della vita di tutti, compresa la mia, e questa volta pure.
Ciò che per me resta insostituibile è la voglia di prendersi in giro, di saper ridere di sé e delle proprie minuscole nefandezze. Quelle cose che in genere si raccontano degli altri presentandole come difetti, nascondendo accuratamente che quei difetti sono anche nostri.
Piccolo provoca su di me un effetto contagioso: anche questa volta infatti non ho saputo rinunciare al rispecchiamento di alcune piccole e condivise infelicità, che qui mi diverto a ricordare.
Francesco Piccolo
Quando una bambina … si avvicinò a mia figlia a un campo scuola e indicandomi le disse: ma quello è tuo nonno? Ma non tanto questo, quanto l’entusiasmo incontenibile di mia figla
TartaRugosa
Quando faccio il gruppo con le mie anziane e loro mi dicono: “E’ ancora tanto giovane!” e poi arriva un’ausiliaria che guardandomi chiede: “E’ un’ospite nuova?”
Francesco Piccolo
Per tutta la vita … ho subito questa frustrazione. Da bambino, la domenica o nei giorni festivi; da adulto, alle cene con gli amici. Quando abbiamo finito di mangiare, è il momento dei dolci, delle panne, delle ricotte, della cioccolata. Dei mignon, delle torte, dei cannoli. … Quando ero piccolo, e adesso che sono grande, chiedevo e chiedo: posso andare a prendere i dolci? … Sempre, da quando ho avuto il dono della parola, della comprensione, fino a ora, mi hanno risposto: aspetta. … Non ho mai capito perché bisogna aspettare per mangiare i dolce; eppure bisogna sempre aspettare.
TartaRugosa
Sono golosa e previdente. Se porto io il dolce, lo scelgo secondo i miei gusti e lo attendo con felicità; se invece non lo porto, immagino che l’ospite, o qualcun altro, abbia provveduto. Per cui mi riservo, durante il pasto, anche lo spazio per quella zuccherosa aggiunta finale. Mi tranquillizzo quando a tavola un lui o una lei lo ricorda: “C’è il dolce dopo”. E’ quel dopo che diventa difficile da pronosticare. L’esperienza mi ha insegnato che se è pranzo, il dolce slitta alla merenda; se invece è cena quasi tutti – non previdenti come la sottoscritta – dicono “Ho mangiato troppo. Piuttosto che il dolce, meglio un buon caffè”. E io che non bevo mai caffè e che mi sono tenuta leggera, li maledico silenziosamente.
Francesco Piccolo
Il fatto di non sapere se la luce del frigorifero, quando l’hai chiuso, si spegne veramente.
TartaRugosa
E’ successo recentemente: spalanco la porta del frigo e lo trovo al buio. Dico a TartaRugoso: “Temo che il frigo sia rotto. Non fa né luce, né rumore”. Ancora in pigiama restiamo tutti e due con le orecchie attaccate all’elettrodomestico, finché, dopo qualche minuto, un leggero ronzio segnala residui di vita. Imparo così: a) la luce del frigorifero si può spegnere anche se aperto; b) la lampadina si può cambiare; c) l’infelicità si può trasformare rapidamente in felicità.
Francesco Piccolo
Tento di arrivare con lo scooter al semaforo lentamente, così scatta il verde e io non devo fermarmi ma soprattutto non devo mettere il piede a terra.
Rallento, rallento, arrivo davanti a tutti, sono quasi fermo, cerco di tenere ancora un po’ l’equilibrio. Sono fermo. Non ce l’ho fatta. Metto il piede a terra. E, appena metto il piede a terra, scatta il verde.
TartaRugosa
Sull’autobus in un incrocio problematico della mia città.
La durata del semaforo verde consente il passaggio di 4 o 5 auto al massimo da sud verso nord, mentre nella traiettoria est-ovest il tempo è molto più prolungato. Puntualmente quando l’autobus dopo già una certa attesa riparte, guardo speranzosa la luce verde e incito, mentalmente, l’autista: “Dai, forza, dai, accelera che ce la fai!”. Naturalmente scatta subito il giallo. Qualche volta l’autista passa lo stesso, ma di solito no. E io malinconicamente attendo il nuovo verde.
Francesco Piccolo
Quando a casa mi dicono che non posso usare quello shampoo – che significa che è troppo buono per me.
TartaRugosa
A casa nostra invece è il miele. TartaRugoso reclama: “Non capisco perché il miele è solo un tuo diritto” e se ne prende un cucchiaione che a me basterebbe cinque volte.
Francesco Piccolo
Piove. Quando hai finalmente l’ombrello che funziona .. c’è qualcuno accanto a te che ha l’ombrello rotto…. Quindi devi accompagnarlo tu. Per l’intero tragitto continuerete a cambiarvi di posto … continuerete a dire: forse è meglio che lo tengo io; e quando lo tieni tu fai sempre in modo da coprire lui che te stesso, per non essere maleducato. … Alla fine dirà: forse è meglio se lo tengo io. E tu glielo dai e poi cominci a dire: alzalo, abbassalo, spostalo …
TartaRugosa
La stessa identica cosa con TartaRugoso che però a un certo punto si arrabbia, mi molla, accelera il passo e si bagna tutto.
Francesco Piccolo
Negli alberghi, sei nel bagno, ti fai una doccia … all’improvviso ti ritrovi nel bel mezzo della questione della salvezza del pianeta. … C’è un cartello che ti supplica di resistere, di tenere ancora un giorno gli asciugamani che hai usato, e se lo farai, ci sono buone probabilità di salvare il pianeta. Conservi senz’altro gli asciugamani ancora per un giorno. Ma rimani sconcertato da quanto sia facile – sarebbe stato facile salvarlo, il pianeta.
TartaRugosa
Non vado mai in alberghi di lusso. A ben pensarci non vado quasi mai in albergo. Può però capitare che in occasione di qualche convegno usufruisca di un 4 stelle come forma di compenso per l’attività di relatrice. Il guaio più devastante è che non so mai come aprire la porta della camera (non c’è la chiave) e accendere la luce (non c’è l’interruttore). Per precauzione porto sempre una piccola pila in viaggio. Quanto agli asciugamani, ne trovo sempre un numero così spropositato che faccio fatica a capire il riuso.
Francesco Piccolo
Quando dicono che il rimedio omeopatico ti fa prima peggiorare, però dopo piano piano migliori.
TartaRugosa
Infatti quando il sintomo non peggiora mi viene la paura che non guarirò mai.
Francesco Piccolo
Sono un antireazionario. Credo nel progresso e credo che tutto migliori, sempre. …segretamente, so che una cosa non c’è,ma sono anche sicuro che nessuno me lo proporrà mai come argomento di discussione. Il cavatappi. Ne hanno inventati tantissimi … Ogni volta che qualcuno te ne mostra uno nuovo, ti spiega come funziona e sembra una meraviglia del progresso scientifico, Poi lo posiziona sulla bottiglia di vino e funziona e non funziona. … E alla fine, l’unica soluzione è di andare in cucina a cercare il vecchio cavatappi.
TartaRugosa
Immancabilmente alla fiera di Pasqua TartaRugoso scopre sempre un nuovo esemplare di cavatappi da sfoggiare nelle cene estive in giardino. Altrettanto immancabilmente qualcuno degli ospiti incaricato di aprire la bottiglia chiede: “Ma non c’è un cavatappi normale?” E mentre vado a prendere il buon cavatappi con le braccine, getto quello nuovo insieme all’altra ventina di esemplari accumulati negli anni e che non saprò mai come utilizzare.
Due momenti personali di trascurabile infelicità di TartaRugosa
Abito in un condominio dal riscaldamento centralizzato. Non sono quindi io a poter determinare come, quando e se accendere la caldaia. E così ogni anno si ripete lo stesso copione: arriva un’ondata di caldo nel mese di marzo, fuori si boccheggia e tutti dicono: “Non è normale, sembra giugno”. Il termometro dell’appartamento, totalmente esposto al sole, segna 26 gradi. Di notte le finestre restano spalancate.
Poi, a metà aprile, quando il regolamento impone la chiusura del riscaldamento, inevitabilmente arriva l’ondata di aria fredda. Sugli attaccapanni ricompaiono giacconi e maglioncini e il termometro di casa scende a 17 gradi.
L’infelicità forse più grande è della portinaia che ascolta le lamentele di tutti i condomini cui risponde “Non dipende da me. E’ la legge. Riferitelo all’amministratore”.
Da quando sul mio piccolo balcone è comparso (ad opera di TartaRugoso) un vascone per fare l’orto in città, verso la fine di marzo, speranzosa dei poteri della temperatura mite, metto a dimora 18 piantine di insalata. E’ bello vederle crescere senza interferenze di formiche, lumache e merli. Di solito dopo una quarantina di giorni il vascone è di un verde rigoglioso e florido. E’ veramente una sofferenza procedere all’espianto. Il primo anno dell’esperienza, quasi metà delle insalate è andata “in fiore” perché mi dispiaceva raccoglierle …