TartaRugosa ha letto e scritto di: Mélissa Da Costa (2022), Tutto il blu del cielo, Traduzione di Elena Cappellini, Rizzoli, Milano

Ecco un romanzo dove il vero protagonista è il viaggio, un lungo percorso che diventa strumento per la costruzione di un processo trasformativo, un distacco nel tempo e nello spazio per allontanarsi da dove ci si trova e rifare i conti con la propria vita.

Non è casuale che l’intraprendere un viaggio sia la scelta compiuta da Emile nel momento più tragico che possa capitare a un ventiseienne cui viene diagnosticata una forma di Alzheimer precoce che restringe la sua vita a un massimo di un paio d’anni.

L’alternativa, auspicata dal resto della famiglia, sarebbe sottoporsi a una cura sperimentale da condurre in clinica nonostante il medico fosse stato molto chiaro: non si tratta di guarirlo, o di curarlo, ma solo di saperne un po’ di più su questa malattia orfana (così definite le malattie rare e poco conosciute, poco studiate e mancanti di terapie adeguate).

La soluzione è disperarsi, come già stanno facendo i familiari di Emile all’idea di perderlo, oppure la ricerca di occupare quel tempo abbracciando la vita piuttosto che un letto d’ospedale.

L’idea del viaggio gli è venuta quando gli hanno dato il responso. Si è disperato un paio d’ore, poi l’idea del viaggio si è fatta strada nella sua testa.

A essere più precisi un’idea coltivata da un Emile ancora studente, quando l’attraversamento dei Pirenei rappresentava il sogno di libertà da compiere con l’amico del cuore Renaud. Poi la vita decide altrimenti. Una storia d’amore si era insinuata nei due giovani adulti, con la differenza che il timido Renaud si era sposato e diventato padre, mentre Emile, impantanato in un impiego insoddisfacente e in una relazione troncata dalla stessa ragazza che amava, si era ritrovato ad interrogarsi sulle proprie responsabilità di quell’imprevisto distacco.

Poi la diagnosi. Ora quel tempo di partire pare riaffacciarsi e occorre prenderlo al volo. Senza Renaud, ma, chissà, un annuncio ad hoc potrebbe stimolare qualcuno ad aggregarsi in questa strana avventura.

Ragazzo di 26 anni affetto da Alzheimer precoce desidera partire per un ultimo viaggio. Cerca compagno/a d’avventura per condividere quest’ultima esperienza.

Sul camper predisposto per la partenza Emile non sarà solo: Joanne, ragazza ventinovenne vestita di nero con un cappello a larga tesa, magra e silenziosa, con lo sguardo sempre perso nel nulla, accetterà qualsiasi condizione per la meta da seguire.

Da cosa starà scappando per buttarsi sul camper del primo che passa?

Il lettore si deve accontentare di viaggiare in quel camper che funge da conchiglia, dove due storie si sveleranno piano piano attraverso piccoli indizi, scossi dalle profondità in cui sono soffocati anche grazie ai luoghi scelti per le soste: i panorami sono mozzafiato e li costringono a uscire dalle rispettive meditazioni.

Per Emile risuonano nei ricordi ancora vivi le parole della ex-fidanzata Laura “Non fai niente per cambiare le cose. Ti accontenti della tua vita insignificante senza vedere al di là del tuo naso!”.

Per Joanne prevalgono invece il silenzio, l’atteggiamento contemplativo, la meditazione, l’alzare gli occhi vero il blu del cielo, il camminare da sola, le tisane e il cibo vegetariano, lo scrivere, il rammentare le citazioni insegnatele dal padre, i ricordi di un bambino che dipingeva solo il colore blu.

– E’ bello camminare da soli.

– Sì.

– Ti tornano in mente un sacco di cose.

La vede annuire e alzare il viso verso di lui. Pronuncia una strana frase con voce altrettanto strana: “L’unico vero viaggio non consiste nell’andare verso nuovi paesaggi, ma nell’avere occhi nuovi”.

Ed è con occhi nuovi che ognuno dei due ragazzi agirà nei confronti dell’altro come lenimento alle dure ferite che la vita ha loro inflitto.

Per entrambi c’è qualcuno che li aspetta a casa, qualcuno da cui deliberatamente hanno scelto di staccarsi per un tempo indefinito, ma che indefinito non è perché nel frattempo, luogo dopo luogo, incontro dopo incontro, le stagioni passano e anche la malattia di Emile progredisce.

Ce ne rendiamo conto insieme a Joanne, talmente disponibile ad accogliere la supplica di impedire il suo ricovero in ospedale da scegliere di diventare sua moglie. Per proteggerlo? Per amore?

Emile conosce sempre più spesso i vuoti di memoria, la paura del disorientamento, il confondersi dei volti e delle biografie; Joanne, per contro, diventa l’unica depositaria delle sue volontà, l’unica persona di cui, pur non riconoscendola, Emile sa di potersi fidare.

Con le giornate che scorrono tra borghi incontaminati, torrenti cristallini, vette innevate, il colore blu dell’oceano, l’immersione nella natura e gli affondi nella coscienza, la vita riacquista il suo senso di essere vissuta facendo leva sulla potenza dell’essenziale, la scoperta dell’altro e il rifiuto di ogni possibile accanimento.

Una storia che partendo da presupposti drammatici troverà, nel suo tragitto a quattro ruote, la scoperta di nuove verità, approdando a un finale che ricollega tutti i punti lasciati in sospeso da quella che inizialmente aveva assunto i contorni di una fuga.

Un finale che non ci risparmia dal commiato da Emile, ma che offre la speranza di poter lasciare la vita avendo negli occhi il paesaggio desiderato, al fianco un legame maturo e profondo e all’interno una nuova consapevolezza di sé.

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