TartaRugosa ha letto e scritto di: Cheril Strayed (2016), Wild, Traduzione di Sara Puggioni, Edizioni Piemme Pickwick, Milano

Il Pacific Crest Trail (PCT) è un sentiero della natura che si estende dal confine messicano in California fino a poco oltre il confine con il Canada lungo la cresta di nove catene montuose. Percorrendo tutta la California, l’Oregon e Washington il PCT passa in mezzo a parchi nazionali e aree selvagge, in territori federali, tribali e privati, in mezzo a deserti, montagne e foreste pluviali, attraverso fiumi e autostrade.

Questo è lo scenario dove si ambienta il racconto di Cheryl, giovane donna che decide di intraprendere in solitaria il trekking più impensabile dei suoi progetti, ma considerato come unica via possibile per ritrovare sé stessa.

Era un mondo sconosciuto, un mondo in cui avevo fatto ingresso esitante, addolorata e confusa, con timore e speranza, Un mondo che pensavo avrebbe potuto fare di me la donna che sapevo di poter diventare e al tempo stesso risvegliare la ragazza che ero stata una volta. Un mondo che misurava sessanta centimetri di larghezza ed era lungo 4.260 chilometri.

Un mondo chiamato Pacific Crest Trail.

Capita, nel corso dell’esistenza, che alcuni eventi spariglino l’apparente ordine delle cose, come se, improvvisamente, ciò che era noto diventasse minaccioso, la propria immagine non coincidesse più col volto rispecchiato, lo svolgersi dei giorni riservasse unicamente scelte autolesioniste e la sensazione di precipitare in un baratro senza fondo diventasse sempre più evidente e palpabile. Questa è la nuova condizione di vita di Cheril dopo la prematura scomparsa della madre, suo idolo e simbiontico simbolo di donna. Una Cheril autenticamente smarrita che inizia a collezionare comportamenti da lei stessa giudicati riprovevoli, ma giustificati come unico scampo al dolore straziante della perdita.

Ero già stata così tante cose: una moglie innamorata e un’adultera; una figlia amatissima che adesso trascorreva le vacanze da sola; una ragazzina prodigio ambiziosa che aspirava a diventare scrittrice e nel frattempo passava da un lavoro senza senso all’altro, giocava pericolosamente con le droghe e andava a letto con troppi uomini…

Ma, navigando senza forze nei marosi della pena, prima di affogare definitivamente nella devianza più squallida, uno scatto d’orgoglio e una guida turistica assumono le sembianze di una sfida.

Devo cambiare” fu il pensiero che mi guidò durante i mesi di preparazione. Non diventare una persona diversa,ma tornare a essere la persona che ero: forte e responsabile, lucida e salda, etica e buona. E il PCT mi avrebbe reso tutte quelle cose. Avrei ritrovato la mia forza, allontanandomi da tutto ciò che aveva reso assurda la mia vita.

Indipendentemente dalla meta e dal numero di chilometri, se si mette in gioco la traiettoria del percorso interiore e della relazione fra il proprio Sé e ambiente, ecco che il viaggio può essere considerato indubbiamente incredibile momento di iniziazione.

Ed è quello che accade a Cheril, ben presto alle prese con i suoi sbagli previsionali, con paesaggi mutevoli densi di ostacoli (temperatura, bestie, interruzioni, mancanza d’acqua) e situazioni al limite della sopportabilità, non disgiunte però da incontri con “alleati” che fungeranno da sostegno nel mantenerla salda nel compiere la sua prova più ardua.

Il primo intralcio si verifica ancor prima della partenza:

guardai lo zaino. Era enorme e compatto al tempo stesso, moderatamente adorabile e autosufficiente in maniera minacciosa. Lo afferrai e mi piegai per sollevarlo Non si mosse. … Cercai di sollevarlo usando entrambe le mani, a gambe larghe, mentre tentavo di afferrarlo con una mossa da lottatore,mettendoci tutto il fiato, la forza e la volontà che avevo … Aveva un aspetto così grazioso, così “pronto” per essere sollevato … ed era impossibile farlo. …

Ma dopo quindici minuti che camminavo sul PCT, risultò chiaro che non avevo mai camminato sulle montagne del deserto all’inizio di giugno, con in spalla uno zaino che pesava ben più della metà di me,

Cosa che, scoprii, non somigliava per niente al camminare. Cosa che, a dirla tutta, più che al camminare assomiglia all’inferno. …

Che cos’era una montagna e che cos’era un deserto non erano le uniche cose che non mi ero aspettata. Non mi ero aspettata che la carne dell’osso sacro, dei fianchi e delle clavicole si mettesse a sanguinare. Non mi ero aspettata una media di un chilometro e mezzo all’ora …

Il cammino si dipana lungo pagine e pagine di suggestive descrizioni ambientali, di strategie di sopravvivenza, di dolori fisici e di silenzio dettato dalla totale solitudine.

Solitudine necessaria per rovistare nei ricordi, negli aneddoti familiari (un padre violento e un patrigno amorevole che però si rifà una nuova vita quando rimane vedovo, l’accompagnamento della morte della madre, un matrimonio in giovanissima età e un divorzio, l’uso di droghe per lenire il dolore, la promiscuità con l’altro sesso), nella ricerca spasmodica di un perché le era potuto accadere una simile disfatta.

Perché mia madre era morta e come avrei potuto continuare a vivere senza di lei?

Com’era potuto succedere che la mia famiglia, un tempo unita e forte, fosse andata in pezzi così in fretta e senza rimedio dopo la sua morte? Che cos’avevo fatto quando avevo rovinato il mio matrimonio con Paul, il marito solido e dolce che mi aveva amato con tanta dedizione? Perché mi ero ficcata in un doloroso pasticcio con l’eroina, Joe e altri uomini che conoscevo appena?

Giorno dopo giorno, chilometro dopo chilometro, paura dopo paura, il trekking diventa il mezzo migliore per scoprire forze insospettabili e sollecitare svariate emozioni.

La paura, in gran parte, è figlia di ciò che ci raccontiamo, e quindi io avevo scelto di raccontarmi una storia diversa. Decisi che sarei stata al sicuro. Ero forte. Ero coraggiosa. Nulla poteva sconfiggermi. Ripetermi questa storia era una specie di controllo della mente, ma funzionava abbastanza bene. … L paura genera paura. La forza genera forza. Io volevo generare forza. E non passò molto tempo prima che smettessi sul serio di avere paura.

Molti sono i momenti in cui gli intoppi fisici rendono eroica la sua impresa, la sua battaglia con il corpo, l’affrontare sbalzi di temperatura inauditi dell’aridità del deserto e della neve ancora presente in estate, il camminare dopo la perdita accidentale degli scarponi con i piedi fasciati e quattro unghie saltate:

Ogni movimento era penoso. Contavo i passi per non pensare al dolore, snocciolando i numeri fino a cento e poi ricominciando daccapo. I gruppi di numeri rendevano il cammino leggermente più sopportabile, come se dovessi arrivare solo alla fine di ogni insieme di cento.


Il confronto con l’adattamento alla natura selvaggia incide sulla ricerca interiore:

Avevo fatto questa scelta per riflettere sulla mia vita, pensare alle cose che mi avevano spezzata e recuperare l’integrità.

Ma fin’ora ero stata occupata solo dalla sofferenza fisica e i mie problemi esistenziali mi avevano attraversato la mente solo in maniera sporadica.

Il lettore partecipa intensamente a quest’avventura: Cheril ancora non lo sa, ma il suo sogno di diventare scrittrice si realizzerà e noi, oggi, ne apprezziamo la maestria della narrazione , diventando, al termine delle cinquecento pagine, un po’ “parassiti vagabondi” di quella marcia fatta di salite e discese, di lacrime e di sorrisi, di incognite e di lieti fine, sino a sentire l’eco dei ringraziamenti dell’autrice:

Grazie, pensai. Non solo per la lunga camminata, ma per tutto quello che sentivo finalmente pacificato dentro di me, per tutto quello il sentiero mi aveva insegnato e per tutto quello che ancora non sapevo.

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