Ho il privilegio (almeno sinora) di non essere mai stata coinvolta nelle catastrofi che stanno periodicamente sferzando il nostro pianeta.
Ricordo però l‘atmosfera misteriosa della mia visita di tantissimi anni fa agli scavi di Ercolano e Pompei: mi trovavo di fronte a scene sospese di frammenti di vita quotidiana consegnati all’immortalità proprio nel momento in cui si decretava la fine terrena.
Che cosa avevano interrotto quei fiumi di lava e ceneri sgorgati dalle viscere della terra? Quale era stato il pensiero di quei corpi colti in atteggiamenti e movimenti che in quegli attimi sarebbero diventati gli ultimi? Quali le parole non dette? La furia degli elementi aveva bloccato tutto, consegnando all’umanità l’enigma delle risposte.
La storia di Yui purtroppo non risale ai millenni trascorsi da quella tragedia. E’ storia del nostro secolo, quando nel 2011 tsunami e terremoto di proporzioni immani hanno sconvolto il Giappone, provocando migliaia di morti. L’onda aveva spazzato via tutto ciò che si trovava sul suo percorso, facendosi beffe dei vani tentativi di porsi in salvo di coloro che assistevano impotenti alla sua avanzata.
“Lo tsunami raggiunse un’altezza di molto superiore alla stima prevista, così che alcuni rifugi divennero una formula guasta, una parola sbagliata, come una definizione imprecisa che crea una solida corrispondenza tra due cose che invece non si somigliano affatto. Così era successo anche a sua figlia e a sua madre, che nel rifugio avevano trovato la morte”.
La morte improvvisa dovuta a cause inaspettate e violente è un evento lacerante per chi resta: i fili spezzati della relazione si afflosciano, resta solo lo spazio per le domande e lo sconforto per ciò che non si è fatto o agito in maniera inopportuna.
Il “dopo” di Yui è un lento tragitto verso la ricostruzione, con tutti i travagli che l’elaborazione del lutto traumatico ingloba e l’inderogabile necessità di riorganizzare e ridefinire il proprio rapporto con chi non c’è più.
In questo dolente viaggio di resilienza, il giardino di Suzuki-san diventa il crocevia di chi si sente intrappolato e solo nel proprio dolore: C’è questa cabina telefonica in mezzo a un giardino, su una collina isolata dal resto. Il telefono non è collegato ma le voci le porta via il vento. …Una cabina telefonica in un giardino, un telefono non collegato tramite cui parlare con i propri defunti. Davvero riusciva a consolare una cosa così?… E se invece Bell Gardia fosse stato tanto pieno di gente da dover fare la fila? Del resto chi non ha dei morti con cui vorrebbe comunicare? Chi non ha almeno una cosa rimasta in sospeso con l’aldilà?
A Bell Gardia il vento non frena un momento. e Yui pensò allora che la cornetta, più che incanalare e guidare le voci verso un solo orecchio, avesse il compito di diffonderle in aria. Si domandò se quei morti richiamati alla vita di qui, in quella di là non si tenessero invece per mano, se non finissero per fare conoscenza tra loro, e per dare vita a storie che i vivi ignoravano completamente
Se la morte interrompe una interazione, non intacca certamente il legame di una relazione, con tutti i suoi desideri, aspettative, sogni costretti a un’immobilità non cercata nel pieno svolgimento della vita. Ma quando essa accade, allora l’ultima istantanea ha sempre necessità di essere ricomposta, per poterle dare una forma, una spiegazione, un diritto di replica. Per non essere travolti da sentimenti violenti e contrastanti, la rabbia, la nostalgia, la devozione, il rimpianto: “io dentro quella cornetta ci verso tutti i discorsi, anzi, molti di più …Non mi censuro mica. Glielo dico che è stato un idiota. Parlo, parlo e non mi torna in cambio nulla, solo silenzio. Però poi la notte lo sogno e lui mi risponde per filo e per segno. Sembrano le battute di un copione tagliato a metà. Ognuno dice la sua, a turno, quindi non litighiamo e abbiamo il tempo per pensare a cosa dirci la prossima volta.”.
Il Telefono del Vento, proprio perché senza fili, non è il luogo in cui esclusivamente si piange il morto, ma è sacralità di uno spazio in cui si intrecciano i fili delle storie dei sopravvissuti, perché i lutti si assomigliano tutti e, insieme,non si somigliano affatto.
C’era un ragazzino che andava lì ogni sera a leggere ad alta voce il giornale per il nonno, c’erano molti che andavano a piangere e basta. Qualcuno andava a consolare un defunto che non aveva avuto sepoltura, disperso chissà dove, sul fondo del mare o in uno dei tanti cumuli d’ossa che scava la guerra. C’era anche una madre che aveva perso i tre figli nello tsunami e non si rassegnava al silenzio, e allora parlava parlava, per riempire il vuoto rimasto. C’era una bambina che chiamava il proprio cane, che gli chiedeva come fosse nell’aldilà .. A frequentare quel luogo si capiva un po’ di più come funzionava la gente
Kui ha il grande compito di riacquistare sicurezza e fiducia nel futuro: il suo pellegrinaggio la porta periodicamente accanto al Telefono del Vento, ma nella cabina non riesce ad entrarci. Osserva e ascolta però le parole di chi in quella cornetta riversa tutto ciò che richiede un finale differito nel tempo.
Finale che arriverà anche per Yui, quando un altro uragano la porterà a sfidare la sua stessa vita pur di proteggere quel luogo di resilienza in cui, ognuno a modo suo, ha potuto ritrovare se stesso.
Della propria fragilità, Yui non amava parlare. L’aveva però alla fine accettata e quello era stato il modo per ricominciare a prendersi cura di sé .. . La vita consumava, col tempo creava innumerevoli crepe, fragilità. Erano però proprio queste a decidere la storia di ogni persona, a far venir voglia di andare avanti per vedere cosa sarebbe successo poco più in là.
Sarà infatti poco più in là che finalmente Yui varcherà la soglia e finalmente sarà pronta per una nuova storia di donna, moglie e madre.
Meravigliosa recensione! Tartarugosa sa trasmettere, con la sua scrittura incisiva ed al tempo stesso chiara ed essenziale, tutti i colori delle emozioni che attraversano quel libro e che risuonano nell’aria………. E ti fa venire voglia di leggere subito il libro â¤ï¸
Tartarugosa dice: … sei forte …
L’ha ripubblicato su MAPPE nelle POLITICHE SOCIALI e nei SERVIZI.