Accadono improvvisi, quando meno te li aspetti, eventi capaci di interrompere il flusso della vita così come lo conoscevi, annientando ogni promessa di futuro.
E’ proprio quello che succede ad Amande, mentre attende il rientro di Benjamin per una gioiosa serata all’aperto nello scoccare dell’arrivo dell’estate, mentre indugia col suo pancione prossimo a dare alla luce una bimba.
Benjamin non rientrerà e a lei spetterà la drammatica incombenza di riconoscerne il corpo straziato dall’incidente di moto. Lo shock ricevuto causerà il parto prematuro e anche la minuscola Manon non sopravviverà alla nascita. Tutto nel giro di poche ore.
Un doppio lutto tragico che lascia solo la voglia del silenzio pensoso, perchè ogni parola è insufficiente, come lo è il contatto col mondo da cui decide di assentarsi, scegliendo una casa isolata nell’Auvergne, dove si rinchiuderà, sbarrando fuori anche la luce del giorno ed eliminando ogni strumento che segni il passare del tempo.
“Nel giro di qualche giorno ho deciso di stabilirmi in mezzo al nulla. Avevo bisogno di scappare dall’estate. Avevo bisogno di calma per pensare. Pensare a loro.”
Nella disperazione che il doppio distacco ha scatenato, nell’ordine sconvolto dall’abbattersi degli eventi, Amande affronta con se stessa la ricomposizione della sopravvivenza. E’ un percorso lungo, faticoso, quasi una missione per trapiantare ciò che è stato in nuovo orizzonte di senso.
Lasciata alla spalle la fase del torpore, connotata dall’incredulità e dallo smarrimento totale, subentrano i passaggi più impegnativi per risalire il baratro e sbiadire le immagini che ingombrano i ricordi della perdita. Insieme a lei fissiamo le parole chiave che puntellano il suo incerto cammino: il primo comandamento è Lascia entrare.
“Ho deciso che non avrò alcun calendario. Niente giorni, niente date, niente scadenze, niente incombenze precise. Ho bisogno di libertà. Solo un foglio bianco che mi ricordi il mio obiettivo, la ragione che mi spinge a fare un passo avanti. Il problema è che non ho ancora deciso quale possa essere. … Qualche parola, non di più. Prendo la biro che trovo sul tavolo, mi avvicino. Scrivo la prima parola: Lascia. Aggiungo la parola entrare. Una frase in sospeso, che attende il seguito. Non so. Lasciare entrare cosa? Il sole? La vita? Preferisco fermarmi lì. E’ già abbastanza”.
Scopriremo l’importanza di un gatto e del passato dell’exproprietaria dell’appartamento preso in affitto che, come lei, per elaborare il lutto della perdita del marito aveva scelto di fare entrare nella propria vita il giardino, l’orto e una minuziosa descrizione di ogni atto compiuto a contatto con la natura.
I quaderni botanici di Madame Lucie, che Amande ha salvato dal trasloco affrettato da parte della figlia Julie, diventeranno il suo viatico quotidiano perché, se hanno funzionato per madame Lucie, forse aiuteranno anche lei.
“Sono pieni di scritte. I calendari. E anche le agende. Liste di cose da fare, promemoria, consigli. E’ annotato persino il meteo dl giorno. … Sa perché lo facesse?
Ha iniziato a farlo dopo la morte di Paul, mio padre, suo marito .. Ha iniziato a stendere delle liste per non lasciarsi andare”.
Quelle liste diventano suo punto di appoggio, una forma di protezione che talvolta serve ad instaurare pure un dialogo con Benjamin e a sorridere per la sua sorpresa nel vedere la giovane sposa impegnata in mansioni fino allora impensabili e sconosciute.
La seconda tappa della ricostruzione di sé è racchiusa nella parola Celebra, laddove non esiste né il tempo né il desiderio di cercare conforto nella fede o in un Dio in cui non ha mai creduto. Ancora una volta la risposta sarà trovata nel fazzoletto di terra e nelle candele che Julie le ha insegnato a realizzare.
“Ma non mi servono chiese, preghiere o rosari per commemorare i miei morti. Ho un salice piangente, che ha il nome di un defunto, un gatto che mi ha adottato e delle candele che ho modellato con le mie mani. Ho la luna piena e anche la brezza, perché senza di lei le candele non danzerebbero … E nemmeno le nostre ombre.”
“Ho iniziato a celebrare il vento tra gli alberi, appendendo degli utensili da cucina, dei barattoli di latta e delle conchiglie. … Ogni tanto accendo delle candele sul davanzale della finestra. E parlo alle verdure, alla corteccia degli alberi e anche alla luna.”
Per riorganizzare il mondo c’è bisogno di un terzo passaggio: Condividi.
Il ruolo degli altri è fondamentale nell’attraversamento della sofferenza e Amande lo scoprirà grazie alla ripresa dei contatti coi ragazzi del Centro dove Benjamin lavorava, all’energia di Julie, implicata pure lei nella cura della ferita della separazione dal marito, all’amorevole presenza della famiglia di Benjamin che, in modalità diverse, subiscono l’impatto del lutto in tempi successivi, e, strano ma vero, anche alle veloci visite della madre, sempre alla ricerca di un futuro migliore, sicura di averlo trovato alla Réunion e a una nuova relazione. Non ultimo, probabilmente simbolo di riappacificazione col destino, con la neonata Mae, figlia del fratello di Benjamin e che coincidenza aveva voluto che nascesse a poca distanza da Manon.
Le prime, coraggiose, uscite di casa appaiono come segno di nuove prospettive.
“Entro in cucina con il cappotto ancora addosso … Fuori il vento soffia minaccioso. Sono felice di essere a casa. Sono stata via solo un giorno, il primo da quando mi sono trasferita qui, e la casa mi è mancata. Mi addormento di buon umore, quella sera. … Una felicità rabberciata, ma comunque una felicità”.
“Il vino bianco è dolce. I panini gustosi. Fatico ancora a credere di essere qui, nell’Auvergne, lontano da casa, in compagnia della figlia dell’ex proprietaria. La mia vita non ha più niente a che vedere con quella di dieci mesi fa.”
L’ultima riparazione di un tragitto fatto di salite e discese è nell’imposizione Lascia andare.
Nel rigurgito del dolore, Amande scoprirà che nella cavità del pino in cui aveva depositato la sua fede nuziale ora c’è un nido di pettirossi:
“cinque uova bianche tendenti all’azzurro, con delle macchie rosse, nascoste nel nido dentro la cavità nel tronco. Cinque uova nel mio pino sacro. E’ emozionante come veder sbocciare i fiori o crescere le fragole verdi. E’ la vita che si annida dappertutto nella mia vecchia casa”.
Solo quando lo troverà vuoto maturerà una nuova consapevolezza:
“ed è in quell’istante che la vedo. Un corpicino paffuto. Due biglie nere che mi fissano. Si è appollaiata sul bordo del buco. Dove prima c’era il nido. La riconoscerei tra mille. E’ mamma pettirosso. … Non ho bisogno che mi ricordi come funziona la vita, con il suo ciclo naturale. Vorrei che almeno per oggi mi concedesse di essere triste.”
Il rito di passaggio verso nuovi giorni a venire è compiuto. Amande abbandonerà definitivamente la casa in cui ha vissuto con Benamin e il lavoro dove aveva chiesto l’aspettativa.
I quaderni botanici hanno risvegliato una parte di sé ignota: il suo futuro sarà illuminato da una suggestiva attitudine artigianale, trasformata, con il supporto di Julie, in piccola impresa che colorerà il suo nuovo tempo.
“Inizio a disegnare su un foglio i braccialetti e le coroncine, mi aiuta a visualizzarli. Schizzo le campanule color malva dei giacinti, la forma così particolare della trombetta dei narcisi, i petali viola intenso dei crochi, l’edera che si intreccia con i fiori, dando un tocco di verde, e le margherite, fresche, semplici, per un tocco più raffinato di bianco. Immagino diversi modelli. Uno molto colorato, sui toni del blu, del malva e del viola… è energico pieno di vitalità … le fascette le scelgo in base ai modelli: quello colorato, quello raffinato e quello minimalista”.
E’ passato un anno, e il 21 giugno successivo non ha rimosso i giorni del passato ma li ha trasformati in dolce ricordo.
L’ha ripubblicato su LUOGHI del LARIO e oltre ….