Noi tartarughe amiamo camminare: nella nostra lentezza l’atto del cammino è un’esperienza che ci rende libere, a dispetto del lungo sonno che sospende la nostra attività per buona parte dell’anno.
Strada facendo allarghiamo anche il campo dei nostri pensieri, inanelliamo fantasie, sogni, progetti, ci imbattiamo in incontri inattesi. Lo abbiamo imparato da David Thoreau che, dopo due anni vissuti nella foresta in luoghi difficili da percorrere, sostenne come “vi sia nella natura un sottile magnetismo che sa indicare la strada giusta”.
La filosofia del cammino diventa così una sorta di educazione permanente da caricare di significati, un’esperienza intimamente vissuta che tende a cambiarci e a sottrarci alla fretta che governa l’attuale vita sociale.
Ne fornisce inconfutabile testimonianza l’opera di Annabel Streets “Sul camminare” (Add Editore, 2023): nelle sue cinquantadue proposte (idealmente una a settimana) intreccia moto, mente e corpo in originali passeggiate effettuate in luoghi e condizioni meteorologiche diverse esaminando i benefici che un cammino lento o veloce, in condizioni più o meno facilitanti, può apportare al nostro spirito.
C’è anche chi, del cammino, ne fa un’esperienza spirituale, trovando nel pellegrinaggio il vero obiettivo di riflessività e introversione.
Serena Banzato, psicologa dello sport e psicoterapeuta, parte con la compagna Laura realizzando il suo sogno di intraprendere il Cammino di Santiago:
“E’ stato un viaggio che ho scelto di fare per abbandonare simbolicamente le mie abitudini, le mie comodità, smetterla di adagiarmi, abituarmi a usare le mappe, spegnere il cellulare, non affidarmi alla cara e vecchia tecnologia e imparare a comunicare quello di cui avevo bisogno. … Ricercare la tranquillità fa parte della nostra natura, ma il rischio a volte è quello di vivere sempre con il pilota automatico, mentre nella vita, a volte, se si vuole fare un passo avanti bisogna provare a perdere l’equilibrio, anche solo per un attimo”.
Essere psicologi talvolta corrisponde ad essere “spugne emotive”: aiutare l’Altro sprona ad assorbire storie, difficoltà, conflitti, disperazione e, come una spugna imbibita, se non si strizza il contenuto, tutta quella ricettività può trasformarsi in zavorra.
Serena, nella prima parte del suo racconto autobiografico “Cammina” analizza proprio le zavorre che ognuno carica su di sé nel corso della propria esistenza, partendo prima di tutto da se stessa.
Leggendo le sue parole, non troviamo impossibile ripescare dentro di noi analoghe situazioni. Il senso di colpa, il desiderio di compiacere, i rimorsi, le relazioni tossiche, l’ansia, i pregiudizi, le negatività, l’inseguimento di un corpo perfetto, la sfiducia, il non saper stare da soli.
Scrive Serena:
“Il cammino per me è capitato proprio nel momento in cui ne avevo più bisogno, un periodo molto difficile in cui avevo perso l’orientamento a causa di diverse scelte sbagliate, avevo un contratto a tempo indeterminato … ma una cooperativa in cui mi trovavo malissimo; stavo scrivendo la mia tesi in psicologia clinica … ma il percorso mi sembrava infinito; avevo appena iniziato una relazione sentimentale … ma da mamma single avevo paura di non potermi permettere quel rischio”.
Pochi accenni, ma significativi per comprendere il desiderio di Serena di sfruttare l’esperienza del cammino per non stare ferma e, chilometro dopo chilometro, mettere a fuoco cosa non funziona nella quotidianità, cercare una nuova strada, una deviazione da un percorso non soddisfacente, liberarsi dalle paure, reinventarsi.
Il piccolo figlio Nathan, pur provocandole un senso di colpa per essere stato affidato ai nonni, non costituisce un impedimento alla sua partenza, poiché, come ogni psicoterapeuta conosce, per essere buoni genitori è importante ritagliare spazi per se stessi per ritrovare un equilibrio percepito ora precario.
“E’ importante dedicare del tempo libero a sondare i nostri desideri, mettere alla prova i nostri bisogni e le nostre passioni ed esplorare nuovi obiettivi, altrimenti il rischio è quello di seguire sempre il volere degli altri”.
Nella seconda sessione “Vivi” c’è l’incontro con l’imprevedibile, quello che la vita all’improvviso può presentarti, sfuggendo al tuo controllo.
Pare una banale vescica al piede, più che giustificabile con i chilometri macinati quotidianamente , ma quella vescicola scatena un dolore sproporzionato, costringendo Serena a fermarsi. Sarà la compagna Laura a provvedere al suo ricovero ospedaliero là, al confine coi Pirenei, dove i medici scopriranno che quella ferita è stata porta d’ingresso di un batterio raro che ha provocato una gravissima infezione, portandola in fin di vita.
“Non mi sarei mai immaginata che la mia avventura sul Cammino di Santiago potesse trasformarsi in un calvario in un battito di ciglia, mi ero immaginata tutto un altro viaggio, fatto di momenti di silenzio, di preghiera ma anche grandi emozioni e invece, pochi giorni dopo la mia partenza, mi sono trovata a dover accettare la possibilità di dover dire addio alla vita”.
La vita non è più uguale a prima: si susseguono numerose operazioni dolorosissima, La sua gamba non funziona più, il dolore cronico resta attaccato come un compagno fedele. Eppure Serena desidera scrivere questo libro affinché altri, oltre a lei stessa, possano trovare spunti per come diventare “guerrieri della vita” (come la definisce il fratello Davide nell’emozionante prefazione),
“Cosa ho imparato?” si chiede:
– a vivere tutta la vita che posso
– ad accettare ciò che non si può cambiare
– a dare un senso alle cicatrici
Per raggiungere tutto ciò è necessario tempo, un tempo che può farsi improvvisamente breve perché la vita non è illimitata e quindi è fondamentale, quando si è in salute, ricordarselo e vivere intensamente ogni momento e abituandoci a mettere a fuoco le priorità della vita.
“Dopo le operazioni non sono più tornata come prima, né a livello fisico, né a livello mentale, poiché il trauma che ho vissuto mi ha reso diversa. Eppure è proprio così che ho scoperto che le matite spezzate scrivono ancora, che questa nuova me, anche se zoppicante e superstite di tale sofferenza, ha ancora tanto da dare al mondo e vuole farlo”.
Serena incita chiunque si trovi in situazioni percepite come insormontabili a cercare dentro di sé i motivi per non mollare poiché la resistenza al cambiamento aggiunge solo frustrazione a frustrazione e il rimanere incagliati a ciò che non può più tornare come prima equivale a mummificare l’esistenza, mentre ogni nuova possibilità è respiro e vita.
Non ultimo, nella terza parte del libro, l’imperativo è Amati!:
“impara a volerti bene, a essere paziente con le tue ferite, a provare tenerezza per i tuoi errori e lati scomodi, a costruire un dialogo interno affettuoso con cui, guardandoti allo specchio, ti rassicuri e conforti”.
Allacciarsi le scarpe e ripartire è sempre possibile.
Oggi Serena è un’atleta paralimpica e accanto al piccolo Nathan si è aggiunto Santiago, desiderato e amato nella nuova seconda vita di Serena e Laura.

