TartaRugosa ha letto e scritto di: Hanif Kureishi (2024), In frantumi, Bompiani, Traduzione di Gioia Guerzoni

Hanif Kureishi è scrittore, drammaturgo, autore di testi teatrali e sceneggiatore di film che abbiamo visto e amato (fra cui My beautiful laundrette, Sammy e Rose vanno a letto), nonché autore di numerosi romanzi adattati a film che hanno ricevuto prestigiosi riconoscimenti.

Due anni fa, nella giornata di Santo Stefano, in vacanza a Roma, cade rovinosamente, riportando gravi lesioni alla colonna vertebrale e perdendo il controllo di gran parte del corpo. Dopo quella caduta Hanif non può più camminare e compiere qualsiasi azione senza l’aiuto altrui.

6 gennaio 2023 – 26. dicembre 2023 è il periodo durante il quale, quotidianamente, suo figlio Carlo e la compagna Isabella sostituiranno le sue mani, scrivendo sotto dettatura i dispacci che Hanif vuole raccontare per descrivere il drastico cambiamento della sua vita.

Esordio amaro, il suo: “io non pensavo al passato quanto al futuro, a tutto quello che mi era stato sottratto, a tutte le cose che volevo fare”. L’odissea che deve attraversare, tuttavia, non è di sola disperazione. Nella sua testimonianza riconosciamo lo stile ironico, pungente, schietto che lo caratterizza e la ricerca, fra alti e bassi, di esercitare la sua creatività, nonostante tutto:

Vorrei che quello che mi è capitato non fosse mai successo, ma non c’è famiglia al mondo che possa sottrarsi alla catastrofe o al disastro. Però da queste pause inaspettate devono nascere nuove occasioni di creatività”.

Quando tutto diventa complicato e non puoi fare nulla, nemmeno grattarti la testa, per vincere la noia dell’immobilità e l’angoscia della paralisi, sarà la forza del ricordo a riempire le ore pesanti della solitudine, soprattutto durante le assenze degli affetti che intorno a lui si prodigano nel corso delle sue degenze nei diversi ospedali:

Gli eventi del passato riemergono apparentemente a caso. Se non hai futuro,il passato viene a trovarti”.

Molti gli aneddoti che si rincorrono pagina dopo pagina. Senza censure e senza mezzi termini, sono frequenti gli episodi dedicati alle cure ricevute, alla professionalità dei vari operatori che lo circondano, alla descrizione delle operazioni più intime che, nei momenti di maggior ottimismo, assumono una tonalità quasi divertente:

Scusatemi un attimo, devo fare il clistere”.

Il mio corpo viene invaso di continuo .. qualcuno mi infila un ago nel braccio, mentre un’altra infermiera mi fa una puntura nella pancia e un terzo mi infila un tubo nel culo. … in un’altra stanza un uomo mi colpisce venti volte in testa con una grande racchetta da ping pong magnetica, che pare mi faccia bene.

Mi hanno toccato più sconosciuti negli ultimi nove mesi che in tutta la mia vita”.

Non mancano però i periodi dello scoramento e della fatica di riconoscere ciò che è diventato:

E’ un’agonia essere me stesso”.

Pakistano, scrittore, storpio, chi sono ora”?

Nella consapevolezza che la nuova condizione probabilmente resterà permanente. Kureishi si aggrappa a quanto più gli è caro: la scrittura e gli episodi dell’infanzia durante i quali, ancor prima di iniziare, aveva già definito la strada da percorrere:

Un giorno, mentre guardavo fuori dalla finestra a scuola, mi sono definito scrittore”.

Riannoda i fili con il passato, riportando alla luce il padre, aspirante romanziere circondato da libri, la depressione della madre, i dibattiti sul significato e la pratica della scrittura, il paragone con la cultura degli anni della ribellione e della contestazione, quando anche lui stesso deve confrontarsi col ruolo di genitore:

-“ho scoperto che la paternità era più catastrofica che meravigliosa” …

Con i miei figli ho passato delle serate divertenti a base di coca, e ci sono amici che prendono l’MDMA con i loro figli … i miei ragazzi però mi hanno introdotto ai funghi allucinogni. …La gente non dovrebbe essere traumatizzata dal sesso o dalle droghe, bisognerebbe insegnare a tutti ad apprezzarle come piaceri fondamentali”

Ora, nella malattia, può confessare a se stesso di essere “orgoglioso di dipendere da persone che mi amano”, poiché l’evento occorso ha sbaragliato la vita di tutta la famiglia, oltre che la propria, e non può non riconoscere che in questa sua tenace lotta per accettare la nuova identità, figli, ex moglie e la nuova compagna (che ha accettato la sua proposta di matrimonio) costituiscono, insieme agli amici, una preziosa e insostituibile rete di sostegno.

In questa sua nuova esistenza fra le corsie degli ospedali scopre inoltre la rivalutazione della conversazione:

Da quando ho avuto l’incidente la mia vita è cambiata, e passo il tempo a parlare con le persone. La conversazione è una cosa inutile nel senso migliore del termine, non ci si guadagna nulla, non offre nessun vantaggio materiale. C’è solo il piacere di star lì con un altro essere umano, di ascoltarlo, di uno scambio effimero che non ha molto altro significato al di là di una gratificazione temporanea condivisa.

Alle persone piace parlare, vogliono raccontare di sé, vogliono che gli altri le conoscano”.

Fra frustrazione e ironia, fra italia e Inghilterra, si avvicina finalmente lo sperato, e al contempo temuto, ritorno a casa, luogo da riadattare per accoglierlo con la sua disabilità, ma privandolo della sicurezza di poter contare in ogni momento sull’apporto professionale degli operatori addetti alle cure.

A casa sarà tutto diverso. Se ci penso mi rendo conto che non sono in grado di fare quasi niente da solo….Quando penso al futuro la portata della mia disabilità mi è sempre più chiara”.

Il diario di Kureishi, di straordinaria forza emotiva, si conclude a un anno esatto dall’incidente, consegnando al lettore un uomo ancora in frantumi -” io non dimentico, che sono ancora un uomo a pezzi con un corpo in frantumi” -. ma la cui vita è illuminata dalla presenza di chi gli vuole bene e che, come lui, si adopera per adattarsi a un qui e ora che non si sa come evolverà:

Cambiamo di continuo, impossibile tornare indietro. Il mio mondo ha preso male una curva mentre prima filava via dritto: è stato distrutto, rifatto e alterato e io non posso farci niente. Ma io non mi voglio lasciar andare: di tutto questo voglio fare qualcosa”.

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