TartaRugosa ha letto e scritto di:
David Le Breton (2016)
Fuggire da sé. Una tentazione contemporanea
Traduzione di Maria Gregorio
Raffaello Cortina Editore
A poco più di sei anni, davanti allo schermo della televisione dello zio Crippa, Carosello mi raccontava le scenette della buona notte. Una in particolare mi stupiva, forse perché in quel tempo della crescita stavo apprendendo le costanti raccomandazioni di porre attenzione alle macchina quando attraversavo la strada. Così l’immagine di Ernesto Calindri che, contro il logorio della vita moderna, si beveva un Cynar seduto al tavolino in mezzo a sfreccianti automobili, mi faceva sorgere mille interrogativi sulla sua obbedienza, nonché sicurezza.
Circa mezzo secolo dopo, questo aneddotico tentativo di sfuggire allo stress non è più funzionale e l’uomo contemporaneo è costretto a cercare nuove soluzioni.
Il libro dell’antropologo e sociologo Le Breton è un affascinante trattato delle possibilità agite dall’individuo per far fronte alla modernità del nuovo assetto sociale che, in tempi estremamente rapidi, si è trovato improvvisamente intorno.
“In una società dove dominano flessibilità, urgenza, velocità, concorrenza, efficienza, essere se stessi non è più cosa ovvia, poiché diventa necessario rigenerarsi di continuo, adeguarsi alle circostanze, assumere autonomia, mantenersi all’altezza. … Non è più sufficiente nascere e crescere … occorre costruire se stessi di continuo, tenersi in perenne movimento, dare un significato alla vita, puntellare la propria attività con certi valori”.
Uno stile di vita che non sempre facilita la tenuta. Biancore è il termine che Le Breton adotta per definire la presa di distanza che ognuno di noi ben conosce quando il mondo ci diventa una coperta pesante addosso.
“Il biancore è la risposta che l’individuo dà alla sensazione di essere saturo, troppo carico. E’ la ricerca di un rapporto attenuato con gli altri: è la resistenza da opporre agli imperativi di costruirsi un’identità nel contesto dell’individualismo democratico delle nostre società. Tra il legame sociale e il nulla si delinea un territorio intermedio, una maniera di ‘fare il morto’ per un breve momento”.
Desideroso di immergersi nella conoscenza dei tentativi di fuga da sé, lo scrittore delinea un tracciato possibile nelle diversi fasi della vita, perché non esiste un momento preciso in cui lo staccarsi temporaneamente dalla propria soggettività si manifesta. Lo dimostrano i molteplici esempi di letteratura citati, le vicende di cronaca, la psicopatologia, tutte le suggestive prove di annientamento che non portano alla morte sicura, ma allo sforzo di riavvicinarsi a se stessi (dopo il biancore) coniugando più o meno felicemente le condizioni sociali e quelle affettive.
Le misure da adottare sono mirabilmente descritte nei diversi capitoli del libro.
Essere presenti senza più esserlo, per esempio, è un bisogno che emerge quando è necessario disinvestire un mondo oppressivo, quando si è stanchi di apparire come gli altri ti obbligano a essere, quando si aspira all’invisibilità, a vivere a minima. Ne sono stati prove viventi nel proprio modo di esistere Emily Dickinson e Robert Walser. Ma anche l’impiegato Bartleby uscito dalla penna di Melville o l’uomo che dorme di Perec o, ancora, gli eteronimi di Pessoa che, per essere nessuno, ricorre al trucco di moltiplicarsi.
Sonno, stanchezza, depressione, personalità multiple, ludodipendenza sono altrettanti modi per scomparire in forma discreta.
“Il sonno è un rifugio per non esserci più, protegge dall’impegno in un mondo percepito come troppo aspro. … Dormire è un’astuzia per sottrarsi al dovere di farsi sempre carico della propria esistenza”.
Il costante sforzo di dimostrare di essere capace di agire da solo diventa terreno fertile per fare attecchire e sviluppare la depressione: “l’individuo è come espulso dalla vita, non si riconosce più e diventa altrettanto irriconoscibile per chi lo circonda. Scompare in forma tragica e dolorosa con l’acuta consapevolezza di rimanere se stesso pur essendo ormai deprivato di ogni potere, al punto che la sua esistenza di prima gli appare come un paradiso perduto, ormai inaccessibile. … pagando il prezzo di una lunga sofferenza, l’individuo ‘fa il morto’ per non morire, pur non provando più piacere di vivere”.
L’adolescenza, per antonomasia, è l’età in cui si ha maggior difficoltà nel riconoscersi nella propria pelle. Mancandogli il tempo di aver maturato la storia di sé, l’adolescente non riesce a relativizzare la propria sofferenza e crede che lo stato delle cose non possa mai più modificarsi. Un buon sotterfugio per scappare da sé è il contatto virtuale: “Sulla rete è possibile diventare chiunque, e perfino moltiplicare le improbabili figure di persone che si potrebbe essere. … Il virtuale non è un nulla quanto, semmai, un’assenza rispetto al mondo delle relazioni sociali a vantaggio di quelle digitali, quindi senza voce né volto”.
Di grande interesse, oltre all’illustrazione di altre possibili forme di fuga del giovane adulto, è la spiegazione fornita dall’autore sulla scomparsa nell’altro, ovvero l’adesione a una setta o a forme di integralismo religioso. “Le tecniche di reclutamento sfruttano il disorientamento, la sensazione di insignificanza, la desocializzazione e, per i gruppi che sconfinano nel terrorismo, il risentimento, l’odio per l’altro, considerato responsabile di ogni male … L’adesione del giovane affiliato poggia sulla sicura convinzione che le idee proposte siano quelle giuste, sulla seduzione esercitata da un’altra recluta che descrive in maniera esaltante l’esistenza comune o l’imminente accesso al paradiso in virtù di un’azione clamorosa”.
Anche la vecchiaia, in fondo, è una spossessione progressiva, “un lento ritrarsi che si traduce anche nella scomparsa di vecchi amici, parenti o vicini di casa; vengono meno le precedenti responsabilità professionali e subentrano nuove invalidità. … Da un colpo al narcisismo all’altro l’esistenza finisce per essere di peso”. La forma più drammatica di disinvestimento dal mondo e da sé, considera Le Breton, è la demenza. “Quando la persona non riesce più a intessere il racconto che garantisce la coerenza della vita, la sua storia sprofonda come se un narratore non ricordasse più il proprio testo. …La memoria si spezzetta in frammenti che nulla più tiene insieme. Ciò che non vede più non esiste più. … Estranea a se stessa e ai suoi cari, ridotta a qualche formula, qualche gesto, priva di memoria, la persona entra in una no man’s land”.
Un altro avvincente capitolo è dedicato alla sparizione senza lasciare traccia di sé. Dalla costatazione che talvolta anche un semplice viaggio risulta vantaggioso per scrollarsi di dosso impegni, responsabilità o anche vincoli familiari, l’autore arriva a considerare alcuni casi di persone che hanno deciso di organizzare scientemente la loro sparizione scegliendo “di cancellarsi dalla rete dei rapporti e ricominciando a rivivere in un orizzonte diverso. Liberarsi dai vecchi impegni diventando un’altra persona, in un’altra regione, un altro paese, un altro continente, modificando il proprio stato civile o anche mantenendolo, nel caso in cui le probabilità di essere ritrovati siano scarse”. Cita inoltre come esempio alcuni casi letterari di Pirandello, Simenon, Auster, per chi fosse attirato da questo tentativo di comportamento.
Sicuramente nel suo libro Le Breton analizza i modi più estremi di cercare il biancore: la maggioranza degli individui non vi incappa, per fortuna.
Ciò non toglie che la nostra identità è fragile: “La sensazione di essere un sé unico, solido, con i piedi ben piantati per terra, è una finzione personale che gli altri devono costantemente corroborare con maggiore o minore buona volontà. L’individuo rinasce di continuo” ed è questo il motivo per cui il biancore va giudicato positivamente e perseguito con equilibrio.
“Il biancore, in genere, non è uno stato durevole, quanto un rifugio più o meno prolungato, una sorta di camera di decompressione”.
Tartarugosa, dal suo letargo, sottoscrive felicemente convinta.
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Recensione / presentazione molto interessante ed esaustiva del libro scelto per >Dicembre 2016…..sei sempre bravissima, chiara nel contenuto, elegante nella forma espositiva …..devi pubblicare su una rivista letteraria o un giornale tutte le tue recensioni/presentazioni di libri !!!! Carla