Semplicemente perfetto, quante volte siamo riusciti a dire queste due parole, oppure a pensarle?
Vivere o immaginare occasioni, circostanze, eventi in cui tutto funziona così come lo attendiamo, nulla fuori posto, momenti magici dove si vorrebbe che il tempo si fermasse o restasse immutabile.
Così come accade nell’incontro tra Albert e Eirin:
Ci conoscevamo soltanto da una settimana, ma ci sembrava di aver vissuto insieme tutta la vita, o meglio, perché è questa la verità, era come se sapessimo che avremmo vissuto un’intera vita insieme, e questa consapevolezza si manifestò per la prima volta durante una gita a bordo di una barca a remi rubata sul Glitretjern.
Non è solo l’intesa e il presentimento di un futuro di coppia: anche il luogo della fuga d’amore è semplicemente perfetto.
Perdemmo letteralmente la testa per quello scintillante lago nel bosco. C’era un piccolo capanno di legno dipinto di rosso, col tetto spiovente e le imposte bianche, isolato su un’angusta baia … come se presentissimo che quello un giorno, dopo molti, molti anni, sarebbe stato il nostro lago e che la casetta rossa un giorno sarebbe stata nostra…. Prendemmo a calci la porta ed entrammo …poco prima di addormentarci, esausti di tenerezza e di piacere, Eirin sussurrò che la capanna era davvero una Casa delle fiabe.
Lo sappiamo tutti, però – anche se fatichiamo a riconoscerlo – che il susseguirsi dei giorni non è mai perfetto. Anche nell’amore si insinuano tentennamenti, segreti, dubbi, tormenti.
Ripenso a Marianne come alla mia fidanzata di gioventù, per qualche istante rivivo la nostra intimità di allora. Poi c’è stato un intermezzo, molti anni dopo, e non è un bel ricordo. Eirin non l’ha mai saputo. Il ritorno di fiamma con Marianne durò qualche settimana, finché io fui sopraffatto dalla vergogna e dal pentimento.
Tuttavia il magico potere della Casa delle fiabe fa riprendere linfa al rapporto: ricominciammo a guardarci e a passare più tempo insieme.
Di nuovo, tutto sembrerebbe semplicemente perfetto, se non fosse che succede qualcosa di troppo sconvolgente per ritenere che i giorni a venire abbiano lo stesso sapore.
Siamo così sconfinati, insondabilmente ricchi di impressioni vitali, di conoscenza, di ricordi e di legami. E se ci spezziamo, tutto si dissolve, si allontana e viene dimenticato.
La vita di un uomo si riassume semplicemente così: C’era una volta … E venne una notte.
Adesso è arrivata la notte.
Prima un indizio, poi una diagnosi.
Mentre Eirin è lontana per un importante convegno in Australia e Marianne vicina – l’ex fidanzata è diventata ora loro medico curante – sarà proprio quest’ultima che cercherà di accompagnare alla crudezza delle parole una vicinanza emotiva.
Ero stato da Marianne per farmi visitare la mano. Nel giro di poco tempo le dita erano diventate rigide e immobili.
Ripenso a Marianne, a tutto ciò che è riuscita a dirmi, a tutto ciò che è riuscita a tradurre in parole con la più grande leggerezza. Credo sia andata ben oltre il dovere di un medico di famiglia. … E’ rimasta seduta e mi ha accarezzato le mani: non solo quella malata, ma anche quella buona. In pochi secondi è riuscita a stordirmi completamente. E’ stata una specie di lobotomia.
Ho la sclerosi laterale amiotrofica, la SLA.
Mi dà da uno a tre anni di vita e quando le chiedo di essere più precisa, ammette che meno del cinquanta per cento dei malati è ancora vivo un anno e mezzo dopo la diagnosi.
Quando si giunge a fare i conti con le imperfezioni del corpo e quando le previsioni restringono il tempo che rimane, c’è bisogno di interrogarsi sul senso di una vita che sta per cambiare, anzi che sta già cambiando.
Devo scrivere, perché la scrittura è il solo modo per mettere a fuoco tutto. Mi costringe a sintetizzare i pensieri prima che finiscano sulla carta.
La perfezione, in tal senso, forse è proprio quella di chiuderla lì, con la vita, prima di verificare ciò di cui il corpo è ancora capace di riservare nel decorso della malattia.
Questo giorno è arrivato all’improvviso. Non sono ancora riuscito ad accettare l’idea che presto dovrò lasciare tutto, assolutamente tutto. …Non ho paura di morire, quasi il contrario: ho addosso una tristezza così profonda per il fatto che presto avvizzirò e me ne andrò, che non so per quanto tempo avrò il coraggio di conviverci.
Io ho la libertà di scegliere di rompere con tutti i legami sociali e di trovare per conto mio una via di ritorno alla natura.
Ed è semplicemente perfetto poterlo fare proprio nel luogo più amato e desiderato, nella Casa delle fiabe, violata in un giorno d’estate, e ritrovata dopo lunghi anni, quando il proprietario decide di venderla a quella coppia che riconosce, senza però rivelarlo, come i due ragazzi che si erano intrufolati nella sua casa durante la sua assenza.
Che cosa fa una persona quando prende congedo dalla vita? Scrive. Scrive a chi rimane per non lasciare nulla in sospeso, per spiegare, per raccontare i lati più misteriosi e segreti del proprio passato, per rivivere la propria storia.
Sono davanti al sommo commiato della mia vita e non sento più la necessità di trattenere nulla…. Non ho intenzione di andarmene da questo pianeta lasciandomi dietro una grande menzogna.
Sul “libro della baita”, nelle pagine ancora bianche, Albert scrive a Eirin, al figlio Christian e sua moglie June e alla nipotina Sarah, perché tutti devono sapere che la sua scelta coincide con il modo perfetto per andarsene con dignità, senza essere di peso a nessuno.
Presto non sarò più in grado di comunicare con il prossimo. In primavera sentirò cinguettare il merlo, ma non sarò più in grado di voltarmi per cercare di individuarlo.
Qualcosa impedirà però che il commiato diventi concreto.
E’ semplicemente perfetto essere parte dell’universo, perché esso stesso è stato perfettamente adatto fin dal primo momento per atomi, molecole, stelle e pianeti. E per esseri viventi come noi.
Nelle ventiquattro ore che si è concesso per scrivere il suo addio, Albert non dialoga solo con i suoi ricordi e i suoi turbamenti: nella solitudine della Casa delle fiabe altre presenze vitali si aggirano con un intreccio triangolare teso a ricomporre il dilemma della scelta. Noi non siamo soltanto natura. Siamo una fitta trama in cui rientrano i contesti famigliare, sociale e culturale.
Alla ricerca dell’Uno con il Tutto, Albert riflette sul rapporto con l’universo e di quanto esso sia infinitamente più grande e più forte della nostra fugacità terrena, ma ancor più riflette su ciò che unisce gli essere viventi e su quanto sia fondamentale avere accanto persone che ti sostengono nei momenti più bui dell’esistenza.
I piccoli semi di un iniziale processo di riconciliazione partono proprio dalla considerazione che avere solo poche ore per dire addio al mondo e agli affetti è troppo poco e che c’è la necessità di potersi regalare una seconda possibilità, qualsiasi cosa accada. I giorni che sono stati quasi soltanto buoni ormai stanno alle nostre spalle. Ora arriveranno quelli cattivi, ma forse ci troveremo qualcosa di buono.
Resto fermo a osservare il lago per un lungo istante. Bizzarro, penso, quanto scuro e minaccioso apparisse questa notte. Adesso è azzurro come l’erba trinità, e come il cielo terso di oggi.
L’ha ribloggato su MAPPE nelle POLITICHE SOCIALI e nei SERVIZI.